Non era scritto nel copione ma hanno fatto tutti una brutta fine. Nel film come nella vita. Con quello di ieri, sono quattro gli attori del film «Gomorra» passati dal set alla galera. La pellicola di Matteo Garrone aveva velleità neorealiste, con i dialoghi in dialetto sottotitolati e la camera da presa affondata, come un bisturi, nel ventre molle dei quartieri dei clan. Si è rivelata invece un’occasione fin troppo ghiotta per apprendisti delinquenti e vecchi arnesi di malavita di recitare nel film simbolo dell’antimafia da salotto e dimostrare, così, che veramente ’a chiesa può tutto. Perché in un’informativa dei carabinieri di Castello di Cisterna c’è scritto che è stata la camorra a dare il ciak al film tratto dal libro di Saviano, per girare nei rioni-ghetto dove nel 2004 si è combattuta la guerra con 80 morti ammazzati tra «scissionisti» e i Di Lauro: «In occasione delle riprese per la pellicola cinematografica “Gomorra”», scrivono i militari, «il regista Matteo Garrone, per girare le scene nel quartiere Scampia, ha dovuto chiedere autorizzazione al clan competente in quel territorio, che individuava in Raffaele Stanchi, nato a Napoli il 30.4.1972, detto “Lelluccio Bastone”, la persona referente per detta circostanza, che tra l’altro, asseriva la fonte, gode di spiccate conoscenze nell’ambiente televisivo tanto da essere spesso invitato a numerose trasmissioni».
E con il nullaosta del clan sono arrivati forse anche gli ingaggi dei «picciotti» per una comparsata. Ieri è toccato a Nicola Battaglia, un «mestierante» dello spaccio di droga. Ha 20 anni e un paio di minuti nella pellicola di Garrone: protetto da un giubbotto antiproiettile, si fa sparare addosso perché non ha paura delle pallottole. Prima di lui era toccato a Giovanni Venosa, Bernardino Terracciano e Salvatore Fabbricino. Tranne l’ultimo, che gestiva il traffico di droga tra Secondigliano e Scampia (un fratello ucciso, un altro condannato a 25 anni) e che è stato riconosciuto dal pentito Maurizio Prestieri (il collaboratore ha indicato anche un altro attore-pusher, tuttora non rintracciato) si tratta di personaggi che hanno un elevato spessore criminale. Venosa è uno degli uomini più pericolosi del clan dei Casalesi (fra l’altro nipote di Luigi, ergastolano al processo Spartacus) addetto ai «rastrellamenti» estorsivi. È stato arrestato due volte nel giro di sei mesi e di recente ha mandato a minacciare il pm che l’aveva ammanettato dicendogli che la sua vita aveva solo uno scopo: la vendetta. Nel film, interpreta se stesso: «Qui ci sono troppe tarantelle, qui comando io», dice il capozona della «chiesa» sul litorale domizio intenzionato ad eliminare due giovani, aspiranti, criminali. Un personaggio sui generis che proprio a Garrone, impegnato nella simulazione di un omicidio, dietro le quinte sbuffò in faccia un inquietante e spazientito: «Adesso ti faccio vedere come si ammazza un cristiano», brandendo una rivoltella e puntandola contro i figuranti. Non gli mancava il know-how per certe scene. Terracciano, invece, è finito dentro in una maxi-retata contro i riciclatori di denaro sporco dei Casalesi: soprannominato zi’ Bernardino. La prima cosa che il giovane Battaglia ha detto agli agenti quando lo hanno preso è stato il riconoscimento del suo passato d’artista: «Ho recitato in Gomorra». Chi invece non potrà più raccontare com’è che si decise di tollerare la presenza delle telecamere, dei truccatori e di tutto il cast a Scampia è Stanchi, il Lele Mora del clan degli scissionisti. Ballerino, amante della bella vita e dello showbiz, tra gli organizzatori della visita di Mario Balotelli a Scampia, dove il fuoriclasse siciliano vide in diretta – per poi scappare subito dopo - com’è che funziona la fabbrica della cocaina. Stanchi è sparito dalla circolazione una quindicina di giorni fa, dopo aver visto la partita del Napoli. Era col suo guardaspalle, l’hanno ritrovato al cimitero di Melito: ucciso e bruciato. Per la cronaca la jella da film colpì anche il paroliere di Gomorra Rosario Armani, alias Rosario Buccino, inseguito dagli autori del film per versare i compensi dovuti e lui irreperibile, meglio dire latitante, per una condanna a 10 anni.
E che dire di «Pisellino», al secolo Ciro Petrone, il ragazzetto in costume passato dagli spari nel mare al reality La Fattoria 4. Faceva autografi e fotografie ai fans nella festa di nozze del figlio di un boss. Non s’è accorto che uno scatto glielo aveva fatto pure il Ros.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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