Governo fermo, verso il sì all’aumento Iva

RomaUn Consiglio dei ministri caldissimo con il premier Mario Monti impegnato in uno sforzo di equilibrismo degno del miglior governo politico e gli altri componenti dell’esecutivo in difesa dei rispettivi bilanci. La prima fase della spending review è arrivata al traguardo ieri con un giorno di anticipo e un carico di misure. Limature, fino all’ultimo momento soprattutto sulla sanità, ma anche sull’aumento dell’Iva che è stato solo apparentemente ridimensionato rispetto alle precedenti versioni. L’aumento dell’aliquota ordinaria, secondo la bozza entrata al consiglio dei ministri, scatterà da luglio, non da gennaio come nelle bozze dei giorni scorsi, né da ottobre, come prevede il «salva Italia», prima manovra di Mario Monti. Ma sarà di due punti, non di uno come si era pensato. L’aliquota ordinaria salirà dall’attuale 21% al 23% dal primo luglio fino al gennaio 2013, quando tornerà indietro di un punto, al 22%. Nella stessa data salirà dal 10% all’11% anche l’aliquota agevolata, quella che riguarda principalmente generi alimentari di base e la ristorazione e il turismo. Una polizza per non fare sballare i conti pubblici e cercare di confermare gli obiettivi di bilancio per il 2013, assicurazione obbligatoria visto che i tagli delle spese sopravvissuti alle potature dell’ultima ora, portano entrate incerte. Di fatto, un rinvio del problema ai prossimi mesi e, probabilmente, al prossimo governo. Fino a metà 2013 si potrà evitare l’aumento dell’Iva, ricorrendo ad altri tagli alle spese oppure ad uno sfoltimento tax expenditures. Una giungla da 160 miliardi di agevolazioni, non sempre trasparenti. È la vecchia ricetta di Giulio Tremonti che Monti aveva messo da parte con il Salva Italia e ora torna di attualità. Come previsto, non c’è il blocco delle tariffe di luce, gas e acqua.
Lo scontro tra il premier e ministro dell’Economia e il responsabile della Sanità Renato Balduzzi ha tenuto banco per tutta la riunione, tanto che il consiglio in serata è stato a un passo da una rottura in stile pentapartito. Prima del consiglio i due si sono visti per fare il punto e il ministro ha cercato di convincere il premier puntando sulle resistenze delle regioni. Monti ha insistito per rendere effettivi i risparmi e quindi vincolare le regioni a chiudere gli ospedali minori. Balduzzi, anche al Consiglio dei ministri si è opposto ad un automatismo, che fissa l’obbligo per le regioni e le province di Trento e Bolzano di prendere «tutte le misure necessarie», entro «il 31 ottobre 2012», per «la cessazione di ogni attività dei presidi ospedalieri a gestione diretta delle Asl con un numero di posti letto inferiore a 120 unità e la conseguente immediata chiusura» (ieri sera, rimaneva in campo anche l’ipotesi di una soglia più bassa dei posti letto, cioè 80). Il ministro della Sanità ha cercato fino all’ultimo di fare passare un piano per evitare la chiusura degli ospedali.
Non c’è la riduzione delle Province, ma era già previsto che la misura arrivasse con la fase due della spending review. Per il momento c’è una stretta sui trasferimenti dello Stato a due regioni a statuto speciale, la Sicilia e la Sardegna, un miliardo in meno a partire dal 2013.
Confermata, sempre nell’ultima bozza, la stretta sugli statali, l’obbligo di ferie, il limite ai ticket pasti per 7 euro e una «pagella» per valutare il lavoro dei dipendenti pubblici. Tra le novità anche qualche spesa; 103 milioni di euro per i libri di testo delle scuole e 400 milioni per il settore dell’autotrasporto.
I capitoli più combattuti sono quelli che portano meno soldi. La parte importante del piano di Enrico Bondi è quella meno conosciuta, che riguarda gli acquisti da parte della pubblica amministrazione. Consiste nella creazione di un mercato unico telematico tramite la Consip, dove viene fissato un prezzo che diventa il riferimento. Risparmi attesi: 5 miliardi.
Sforbiciata ai sindacati, con un taglio del 10% dei permessi retribuiti e dei trasferimenti ai patronati. Rispuntano i tagli dei tribunali, una trentina in meno; trentasette le prefetture eliminate. Tra le nuove misure più discusse, il taglio all’università pubblica di 200 milioni e uno stanziamento, sempre di 200 milioni, per le private. E anche i tagli alla difesa: confermato il taglio del 10% dei militari in servizio.

Stesso destino degli altri dipendenti pubblici.
Bondi e Monti tentano anche un altro classico, il taglio alle auto blu: il prossimo anno la spesa per le quattro ruote pubbliche di tutte le amministrazioni non dovrà superare il 50% quella sostenuta nel 2011.

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