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Il governo inganna i blogger, la tassa rimane

La nuova norma sui siti web. Levi propone una modifica alla legge ma il popolo di internet si ribella: cancelli tutto

Il governo inganna i blogger, la tassa rimane

Roma - Il governo non ha rinunciato alla burocratizzazione di Internet. Non del tutto almeno. La legge Levi sull’editoria è tornata al centro delle discussioni dei blogger italiani, per nulla convinti dalle rassicurazioni che lo stesso sottosegretario alla presidenza con delega all’editoria ha rilasciato mercoledì. L’articolo 7 del disegno di legge, quello che sancisce l’obbligo di iscrizione al Registro degli operatori della comunicazione per i siti internet, non verrà cancellato, ma verrà aggiunto un comma il cui obiettivo è escludere dall’obbligo «i siti personali o a uso collettivo che non costituiscono frutto di organizzazione industriale del lavoro».

Secondo il sottosegretario questa formulazione salva automaticamente i blog, termine che il governo non ha voluto inserire nel disegno di legge solo per una questione di forma. Secondo i navigatori si tratta invece di un nuova trappola. Il primo a protestare è stato Beppe Grillo. Il comico genovese ha ironizzato sull’«arzillo vecchietto Levi» - facendo riferimento a un articolo del Times che ha raccontato la vicenda come un «assalto geriatrico» della politica italiana ai blogger. E ha rilanciato chiedendo «cosa si intende per organizzazione imprenditoriale del lavoro? Chi propone pubblicità dal suo sito», ricade in questo caso? «Chi vende un prodotto on line è un imprenditore?». Conclusione: «Levi cancella questo c...o di articolo 7 e non se ne parli più».

Interventi dello stesso tono su altri siti e blog specializzati, da Punto informatico a Kensan. Perché oltre alla formulazione ambigua del comma annunciato da Levi, resta la definizione dei blog come attività editoriali e quindi la possibilità di limitarli in futuro. Ma quella dei blogger è una battaglia di principio.

Perché l’antidoto a un eventuale giro di vite legislativo è semplicissimo: un server all’estero o l’utilizzo di una piattaforma per i blog che non sia italiana. Lo sanno tutti, tranne, forse, gli autori dell’«assalto geriatrico».

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