La vecchia torre di Babele, a confronto, era un esempio di chiarezza. Il governo, ormai, è in preda alle convulsioni. Laula del Senato ieri pomeriggio ha dovuto sospendere il dibattito sulla Finanziaria, rinviandolo ad oggi, perché quasi tutti si sono accorti che discutevano sul nulla. Il governo, infatti, stenta a scrivere il famoso maxiemandamento forte di quasi 800 commi sul quale dovrà porre la questione di fiducia. Un mostro legislativo che fa impallidire quello di Lochness. Orribile nellaspetto e incomprensibile nella voce.
La confusione, dunque, regna sovrana e quasi più nessuno riesce ad avere un quadro di ciò che si sta approvando. Quel che si avverte con chiarezza è solo una cosa. Questa Finanziaria è stupidamente offensiva per le tasche e per il futuro di tutti, come dimostrano le proteste operaie di Mirafiori, delle università, delle forze dellordine e di tutte le categorie produttive. È unonda anomala di protesta mai vista prima dora, tanto che lo stesso segretario dei Ds, Piero Fassino, ha detto chiaro e tondo che bisogna «cambiare passo». Non sappiamo se questo è il nuovo nomignolo del governo. Quel che sappiamo, però, è che questo governo, con laiuto appassionato della sua maggioranza, ha introdotto nelle vene del Paese il veleno dellincertezza e dellinsicurezza. Per loggi e per il domani.
Lo scandalo non è lennesimo voto di fiducia. È accaduto e accadrà, anche se labitudine sta diventando intollerabile. La cosa più grave è unaltra. In sessantanni di vita repubblicana e in trentanni di leggi finanziarie, le commissioni Bilancio di Camera e Senato mai non erano state in grado di concludere lesame del disegno di legge. E dopo le commissioni Bilancio lo stesso destino è toccato alle aule di Montecitorio e di Palazzo Madama, bloccate dal voto di fiducia sul nascere della discussione e non alla fine dellesame, come accaduto, invece, negli ultimi anni con i governi del centrodestra. Una pietra tombale, insomma, sulla sovranità parlamentare che avrebbe dovuto indignare innanzitutto i presidenti delle Camere, avvertiti per tempo che quella legge finanziaria presentata dal governo era irricevibile, per quantità e qualità delle norme in essa contenute.
Non è solo un problema di forma. Una legge sottratta allesame del Parlamento (a proposito di ostruzionismo, la maggioranza al Senato ha presentato da sola 1900 emendamenti, ridotti poi a poco meno di 300), le continue prese di distanza di molti ministri e le proteste così diffuse, generalizzate e rabbiose nel Paese avrebbero dovuto suggerire uno spacchettamento delle migliaia di norme contenute nella legge finanziaria e una sua semplificazione. Oltre, naturalmente, alla presa datto dei 33 miliardi di maggiore gettito tributario, che avrebbero potuto consentire un freno alloppressione fiscale. Così non è stato.
E come Nerone componeva la sua ode mentre Roma bruciava, anche Vincenzo Visco recita la sua poesia mentre il Paese protesta, accreditando a se stesso e al suo governo il merito di queste maggiori entrate, continuando, però, a mettere tasse e balzelli con un cinismo e un sorriso inquietanti.