Il restyling dellhouse organ era quasi pronto. Affidato alla «matita» più creativa del panorama mondiale, prevedeva unimmagine più cool, più up to date, più «fresca» e accattivante.
Infatti in tipografia erano già incattiviti, ancor prima di dover fare i conti con i nuovi «contenuti» formali studiati da Andy Bombacci, autore della rivoluzione grafica di alcuni settimanali americani, inglesi e persino giapponesi, da lui rivoltati come calzini. Bombacci, enfant prodige «alternativo» formatosi sulle fanzine anni Novanta e sulle graphic novel, aveva anche firmato, in qualità di webdesigner, decine e decine di siti vincitori di prestigiosi premi internazionali. Insomma, la multinazionale X si era messa in buone mani. Le migliori.
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Lhouse organ della X non era un house organ come gli altri. Incarnando, nero su bianco e colore su colore, la filosofia aziendale, ne replicava anche il metodo, lo stile, la mission. A tal punto che tutti gli «uomini X», a qualsiasi livello gerarchico appartenessero, dallamministratore delegato allultimo dei promoter sparsi in giro per la Terra, erano tenuti, da una precisa clausola contrattuale, a contribuire alla fattura dellhouse organ medesimo. Più alto era il ruolo ricoperto, più ampio e importante il coinvolgimento nella rivista. Forever Us (questo il nome della testata) veicolava limmagine della X. Immagine vincente e aggressiva.
Certo qualcuno, quando linnovazione era stata introdotta dallallora presidente Alex Griga, tre anni prima, aveva arricciato il naso, non troppo convinto della necessità di dare a Forever Us la stessa, identica struttura delluniverso X, con i capi-area a fare da caporedattori, gli uffici acquisti a gestire carta, inchiostro e rotative e i promoter nel ruolo di cronisti o corrispondenti dallestero. Ma poi, mese dopo mese e bilancio dopo bilancio, il linguaggio inequivocabile dei numeri aveva messo tutti daccordo: grazie anche a una diffusione capillare in tutta Europa (per il momento i mercati americani e asiatici non erano contemplati) Forever Us si era rapidamente imposto come linattaccabile numero uno del settore, con la bellezza di 400-450mila copie vendute nelle edicole.
Sì, nelle edicole. Perché questo fu lo sbocco della geniale intuizione del presidente: Forever Us non era più soltanto un house organ: era diventato un vero prodotto X, per di più fra quelli che registravano le migliori performance. E, con il grande salto nel mercato editoriale, la fidelizzazione del cliente aveva automaticamente generato la fidelizzazione del lettore.
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Al restyling firmato Bombacci, dunque, mancavano pochi particolari. Sulla scrivania del neo-presidente di X, Marcellus Griga, figlio di Alex, scomparso da soli due mesi, erano impilate un centinaio di bozze del «numero zero» del nuovo Forever Us.
Il capo chiuse bruscamente la videoconferenza con la sede tedesca e, sciorinando un largo sorriso da playboy quarantenne, accolse Bombacci, nel frattempo introdotto da quella che era, inutile sottolinearlo, la più bella e giovane segretaria delluniverso X, unindiana con pelle di velluto, occhi da cerbiatta e gambe da capogiro.
«Entra, Andy, accomodati. Sti tedeschi sono proprio tremendi. Quando incominciano a entrare nei particolari non li fermi più», disse Griga in tono amichevole e rilassato.
«Ciao, boss, sono venuto solo per un saluto», fece Andy con i suoi soliti modi informali, appoggiando per terra lo zaino da cui non si separava mai e sprofondando nella poltrona di fronte a quella di Griga.
«Ottimo lavoro, Andy. Davvero ottimo. E guarda che io di grafica un po me ne intendo, sai? Pensa che da ragazzo volevo fare il liceo artistico. Poi il mio vecchio mi fece cambiare idea... Ma un certo gusto estetico (rapida e compiaciuta occhiata allincantevole figura di Ananya, la segretaria, che si voltò ammiccante un attimo prima di chiudere la porta alle proprie spalle) mi è rimasto».
«Vedo, vedo... Be, boss, che posso dire? Sono daccordo con te. Insomma, me la sono proprio meritata la manciatina di soldini che mi date...», fece il grafico grattandosi la testa riccioluta e ridendo di gusto.
«Ehi, amico, frena, frena... Quei soldini, come dici tu, sono il più alto prezzo mai pagato da nessuno, e sottolineo nessuno, per la riforma grafica di qualsivoglia pubblicazione, dalla Groenlandia alla Terra del Fuoco», ribattè, scherzoso, il boss.
«Certo, certo... Vorrà dire che, siccome non mi hai mai presentato... (gesto con il pollice sinistro in direzione della porta) una volta che i tuoi capoccioni daranno il visto si stampi ufficiale mi accontenterò di una vacanzina da single a Cuba...».
«Ah! Cuba, Cuba... la mia passione, altro che India...».
«Allora boss, io vado. Ci vediamo lunedì prossimo».
«È verooooo, lunedì cè quella rottura di palle della presentazione del nuovo FU (pronuncia efiu) ad Acapulco, me nero dimenticato... Ma aspetta un attimo. Ti volevo dire una cosetta...».
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La «cosetta» che Marcellus Griga disse a Andy Bombacci, quel pomeriggio, era un particolare di scarso, scarsissimo rilievo, sia per il boss, sia per il grafico. Non aveva a che fare né con il corpo, né con lo stile dei testi e dei titoli; né con i modelli delle copertine, tutte bellissime ed elegantissime; né con i colori di base che scandivano e caratterizzavano le varie sezioni dellhouse organ; né con la trovata più originale, quella di dare un «marchio olfattivo» alle sezioni utilizzando certi additivi chimici aggiunti allimpasto della carta (un particolare costato, da solo, dieci volte i «soldini» destinati alle tasche di Andy...).
La «cosetta» riguardava il numero delle pagine. Per Marcellus Griga 100 erano troppe, voleva scendere a 80-70.
«Graficamente parlando, Andy, ci stiamo dentro?», aveva chiesto al creativo.
«Certo che ci stiamo dentro. Le cose non cambiano poi di molto. Ovvio, i rigaggi diminuiranno, si possono far saltare quattro o cinque rubriche e poi, lavorando un po sul bianco che, come sai, veste sempre bene le pagine... Diciamo che mi bastano tre giorni per ricalibrare il tutto, boss».
«Grande Andy, questo sì che si chiama saper lavorare. Del resto, con tutti quei soldini che ti diamo...».
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Tutto questo per dire che quella in atto alla X non è, come scrive anche oggi qualche giornale disinformato, una ristrutturazione aziendale con tremila persone messe in mobilità. No, è una semplice riforma grafica.
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