Il grande rientro di Berlusconi Già al lavoro per ricompattare il Pdl

RomaSe nel suo studio di Montecitorio Gianfranco Fini passa la giornata a ragionare su come arrivare ad una tregua con il Cavaliere di qui a breve (e non lo fa solo con i fedelissimi, ma pure con Pier Ferdinando Casini), in Francia Silvio Berlusconi trascorre il suo ultimo giorno nella casa della figlia Marina cercando soprattutto un po’ di relax. Al punto che mercoledì scorso ha deciso di rendersi telefonicamente irreperibile - salvo due eccezioni - proprio per poter «staccare almeno un giorno». A Roma tornerà lunedì, forse in tempo per partecipare ad una riunione a Palazzo Grazioli con il Guardasigilli Angelino Alfano, i tre coordinatori del Pdl e i capigruppo di Camera e Senato. A Milano, invece, è atterrato nel tardo pomeriggio di ieri, giusto in tempo per arrivare ad Arcore e ricominciare ad occuparsi dei tanti dossier sul tavolo. Dalla campagna elettorale ormai alle porte, ai provvedimenti sulla giustizia che saranno discussi a breve in Parlamento fino al possibile dialogo con l’opposizione sulle riforme. Argomenti di cui inizierà a discutere già oggi in diversi faccia a faccia. Tra gli altri, ad Arcore sono attesi Giulio Tremonti - per affrontare il capitolo della riforma fiscale - Fabrizio Cicchitto e Franco Frattini. Si parlerà, ovviamente, anche dei rapporti con Fini, che Berlusconi ha chiamato lo scorso 3 gennaio per gli auguri di compleanno. Una chiacchierata cordiale nella quale i due non hanno escluso di potersi vedere a inizio settimana.
Già, perché con la campagna elettorale alle porte e dopo il lungo lavorio dei pontieri il tentativo sarebbe quello di sancire almeno una tregua, in modo da evitare conseguenze traumatiche per il Pdl a neanche tre mesi da una tornata elettorale che farà da spartiacque alla legislatura. Così, pur non avendo affatto gradito né le ultime critiche arrivate da Il Giornale né la decisione di allargare la squadra di governo con la nomina di due nuovi sottosegretari, Fini decide di mandare qualche segnale di fumo rinviando a data da destinarsi il pranzo con in fedelissimi in calendario per oggi a Montecitorio. Un modo, fanno sapere gli ambasciatori al Cavaliere, per evitare che l’appuntamento venisse letto come una conta dei finiani dentro il Pdl. Sul tavolo, però, c’è anche il nodo della nomina dei due nuovi sottosegretari. Perché se Berlusconi è più che deciso a far entrare nella squadra di governo Daniela Santanchè, le perplessità di Fini non sono una novità. Sul punto, però, il Cavaliere è stato chiaro, convinto - ha spiegato in più d’una conversazione privata - che «Daniela è la persona giusta per rappresentare la parte a destra del Pdl». Insomma, un nome da spendere in campagna elettorale, soprattutto al Nord dove la Lega ha l’esclusiva di temi come immigrazione e questione islamica. La Santanché - è il ragionamento di Berlusconi - è in prima linea su queste battaglie da tempo, è un volto noto alla gente che gli riconosce un’autorevolezza su queste materie e sa fare una campagna elettorale come ha già dimostrato raccogliendo un milione di voti come candidata premier de La Destra. È anche per questo, dunque, che il premier è intenzionato a portarla nel governo prima che la campagna elettorale entri nel vivo, magari già nel Consiglio dei ministri in programma mercoledì. Eppoi, spiega chi l’ha sentito ieri, «va bene ragionare con Fini» ma «un premier che accetta il veto del presidente della Camera sulla nomina di un suo sottosegretario» non fa altro che «dare un’impressione di debolezza». A quel punto, raccontano i rumors che arrivano dai piani nobili di Montecitorio, Fini chiederebbe però un cambio in corsa tra Ignazio La Russa e Italo Bocchino per la poltrona di coordinatore del Pdl. Difficile, invece, che possa ottenere a breve di rivedere la composizione dell’ufficio di presidenza del Pdl stabilita dallo Statuto del partito.
Battuta d’arresto, invece, sul fronte del dialogo con il Pd. Perché - ragiona Berlusconi con i suoi - Bersani non può certo mettere veti dicendo che l’agenda delle riforme è sbagliata e accusandoci di fare uno «tsunami» sulla giustizia.

D’altra parte, perfino Paolo Bonaiuti - l’artefice dell’incontro di quindici giorni tra Bersani e il Cavaliere e da sempre sostenitore del dialogo - ha ribattuto al segretario del Pd che «lo tsunami è quello che ha scatenato certa giustizia contro Berlusconi».

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