
Lo stallo nelle trattative rimane. Nessuno si muove dalle rispettive posizioni: la Russia cerca di rimandare il più possibile ogni tavolo e non si sposta di un centimetro dalle pretese di annessioni territoriali. L'Ucraina, forte del sostegno di Europa e Nato, attende una svolta che tarda ad arrivare. Nel mezzo ci sono gli Stati Uniti, con Trump che cambia idea un giorno sì e l'altro pure e intanto sembra strizzare l'occhio a Putin riguardo ad accordi commerciali ed economici strategici. Il tutto, mentre sul campo i russi avanzano nel Dnipropetrovsk, una delle regioni chiave che potrebbero spostare le sorti del conflitto.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è tornato a ribadire le richieste dell'Ucraina: "Bisogna accelerare sulle garanzie di sicurezza", ha detto, ringraziando poi gli Stati Uniti nonostante le parole di Trump siano state tutt'altro che positive nei suoi confronti. "L'Ucraina è profondamente grata agli Stati Uniti per il loro sostegno e apprezziamo la determinazione di Trump nel raggiungere una vera pace con la disponibilità a far parte dell'architettura di sicurezza". E il presidente Usa in serata è tornato a parlare, confermando il suo essere ondivago. Ne ha per Mosca: "Non importa quello che dicono sull'Ucraina e su Zelensky, sono solo stronzate". E ne ha per Kiev: "Nemmeno Zelensky è esattamente innocente, per ballare il tango servono due persone". Per poi ribadire: "Voglio che la guerra finisca, solo io posso fermarla. Se salta l'accordo ho in mente qualcosa di molto serio". Proprio mentre la Reuters rivela che funzionari Usa e russi hanno discusso di diversi accordi energetici a margine dei negoziati di pace. Per incoraggiare il Cremlino a chiudere il conflitto, si è parlato di petrolio, di gas, di energia nucleare e anche dello sfruttamento delle terre rare, oltre all'idea che Washington possa acquistare da Mosca navi rompighiaccio a propulsione nucleare.
Se il sostegno di Trump resta fondamentale, l'Europa ribadisce la sua vicinanza a Kiev. "L'Europa non si è mai tirata indietro. Nessun luogo lo dimostra meglio dell'Ucraina: oggi non sarebbe libera senza il sostegno europeo", ha detto la presidente del parlamento Roberta Metsola. "Sono in corso discussioni sulle garanzie di sicurezza", ha confermato la portavoce di Bruxelles Anitta Hipper. Il Cancelliere tedesco Friedrich Merz torna invece a minacciare la Russia: "Se un incontro tra Zelensky e Putin non avrà luogo entro due settimane, la palla tornerà nel nostro campo", ipotizzando nuove e più pesanti sanzioni.
Ma Putin continua a tergiversare e a confermare la sua intenzione: di chiudere la guerra non ha nessuna intenzione. Mosca incassa l'appoggio, sempre un po' distaccato, da parte della Cina. "Cina e Russia dovrebbero approfondire la fiducia reciproca strategica e la cooperazione in vari campi per salvaguardare congiuntamente gli interessi di sicurezza e sviluppo di entrambi i Paesi", ha detto il leader del Dragone Xi Jinping accogliendo a Pechino il presidente della Duma Vyacheslav Volodin, auspicando più cooperazione tra i due Paesi. Il tutto mentre si apre un nuovo fronte, quello della regione del Dnipropetrovsk dove le truppe russe sono entrate e sono in corso pesanti scontri. Già occupati i villaggi di Zaporizhske e Novogeorgiyivka, i primi nella regione a passare sotto il controllo russo in una zona particolarmente strategica perché al confine con Donetsk e Zaporizhzhia. Altro motivo per cui, Mosca punta a rinviare il più possibile ogni negoziato reale.
Intanto, c'è un nuovo fronte di polemica tra la Russia e il nostro Paese. L'ambasciata russa in Italia, dopo gli attacchi all'Italia su vari fronti, mette nel mirino il ministro dello Sport Andrea Abodi. "Il ministro ha espresso parere contrario all'esclusione di atleti israeliani dalle competizioni sportive internazionali, affermando che l'esclusione della Russia, al contrario, è giustificata, in quanto le azioni della Russia hanno carattere ben più cruento.
Un esempio emblematico dei due pesi, due misure dei rappresentanti dell'establishment occidentale!", si legge in un comunicato che sfocia poi nella consueta retorica propagandistica di Mosca, tra accuse e rivendicazioni. Ulteriore dimostrazione di come la strada verso la pace sia e rimanga un percorso a ostacoli.