Milano - Grazie al cielo ci sono le figurine Panini. Piano, con i giudizi affrettati. Qui non si tratta di piaggeria o di pubblicità nascosta ma un dato di fatto. Le figurine sono uno dei pochi mezzi di riscatto che un padre, come il sottoscritto, si può giocare per riabilitarsi agli occhi dei propri figli. Dopo mesi di continue umiliazioni tecnologiche, infatti, l’uscita della raccolta di figu diventa campo dove si possa finalmente giocare alla pari. Perché queste “benedette” console hanno generato dei piccoli mostri capaci di imprese, con il joypad, da libro dei record.
Capite che quando i perfidi, con un ghigno già prestampato, ti invitano a giocare con loro, facendo leva sul “dai papà non ci sei mai, vieni a provare questo videogame”, la frittata è fatta. Il ragno ha creato una tela dalla quale è impossibile sfuggire; anzi, le umiliazioni sono solo all’inizio. Il “Dai papà, prova il primo livello che è il più facile” significa, tradotto, “Ci fai talmente pena che dobbiamo partire dall’a, b,c, quello che noi supereremmo ad occhi chiusi e con una mano legata”. Ovviamente, nonostante i vostri sforzi e quelle tre vite a disposizione (che bruciate in quindici secondi), il fallimento è legge già scritta. Gli sguardi, dei vostri eredi, da compatimento, ti spingono a rivedere l’asse ereditario. E voi, dopo una fuga strategica “Scusate, ma papà e stanco dal lavoro”, meditate la vendetta. Che si materializza con la prima delle raccolte dei calciatori che la Panini manda in stampa, quella Uefa Champions League dove giocate, finalmente, da protagonisti. Perché alle vostre spalle avete decenni di raccolte completate, di strategie adottate (comprare una scatola intera di figurine invece che spezzettare in tanti singoli acquisti), di celo manca, di muretti, di partite ad alfabeto, di match giocati sul divano di casa con una pallina minuscola di carta (altro che Fifa 10 e Pes), di celline e colla. E’ il vostro momento, quello dove da ebete diventare all’improvviso un guru ascoltato e seguito. Del resto, raccogliere figurine ha da sempre unito padri e figli, in una sorta di rito tradizionale da trasmettere, incorrotto, alle generazioni successive.
Adesso, poi, la Panini ci ha preso gusto perché quella della Champions è proprio una bella chicca che ai nostri tempi ci sognavamo. Per noi, gli unici momenti di ebbrezza con il calcio estero coincidevano con le raccolte dei mondiali di calcio quando una figurina di un giocatore del Messico o dell’Uruguay (mi riferisco a Mexico ’70) veniva vista come un Gronchi Rosa. Adesso no; i nostri figli sono privilegiati anche in questo. Ogni anno si ritrovano, puntuali, le rose complete (compresi gli acquisti dell’ultimo giorno) delle 32 squadre che si sfidano in Champions, fossero anche formazioni semisconosciute, fino a qualche settimana fa, come Unirea Urziceni o Debrecen.
La raccolta, poi, una volta completata, diventa anche una sorta di Almanacco illustrato ricco di dati statistici da guardare e riguardare per tutta la durata della manifestazione. Segno dei tempi, è inevitabile. La globalizzazione, del resto, spinge la casa modenese a vendere il prodotto in oltre 50 paesi; e, in tempo di crisi, è una bella conferma del nostro made in Italy che non conosce rivali.
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