La parola caos l’hanno inventata loro. E dunque, chi meglio dei greci può mettere in scena una confusione cosmica e disperata al punto da apparire tragicomica? Dopo che l’Eurogruppo ha respinto, giovedì scorso, l’ipotesi di accordo sulle nuove misure di austerità necessarie per ricevere la seconda tranche di aiuti da 130 miliardi di euro, e mentre il Paese era paralizzato dall’ennesimo sciopero generale con scontri nella capitale, ieri il governo di coalizione guidato da Lucas Papademos ha subito iniziato a perdere un pezzo dopo l’altro. Un vero terremoto: i quattro ministri del partito di estrema destra Laos si sono dimessi, e il vice-ministro socialista degli Esteri si è fatto da parte. Tutti per lo stesso motivo: in segno di protesta contro i tagli draconiani imposti dalla troika Ue-Bce-Fmi. La raffica di abbandoni, corroborata dalle dichiarazioni sull’intenzione di non votare i provvedimenti anti-default da parte del leader della destra, George Karatzaferis, fa capire quanto fosse scritta sull’acqua l’intesa sottoposta a Bruxelles. Al punto - lo si è saputo ieri - che in calce al documento mancavano le firme dei tre partiti che sostengono Papademos.
Ecco perché i ministri finanziari dell’Eurozona si sono rifiutati di scongelare il prestito, concedendo ad Atene appena cinque giorni di tempo (mercoledì prossimo è in agenda una nuova riunione dell’Eurogruppo) per mettere definitivamente nero su bianco gli impegni presi. Tre sono le condizioni imposte da Bruxelles. La prima è l’approvazione delle misure di bilancio ed economiche concordate con la troika da parte del parlamento ellenico. Ciò dovrebbe avvenire domenica. La seconda riguarda i tagli supplementari al bilancio 2012 per 325 milioni di euro; la terza l’assicurazione dei partiti che sostengono il governo: devono dare «forti garanzie» sul sostegno del piano di austerità.
I tempi sono quindi strettissimi, e le dimissioni di ieri complicano una situazione già assai delicata. Papademos non intende procedere con un rimpasto di governo, confidando nei numeri che sembrano ancora a suo favore visto che i dissenzienti del Laos contano circa 16 seggi sui 252 della coalizione che sostiene l’esecutivo, in un parlamento di 300 componenti. Ma quanto accaduto dà la misura della tensione oltre i livelli di guardia in un Paese dove il sindacato di polizia è arrivato a minacciare di arresto gli ispettori dell’Ue e dell’Fmi per «aver clandestinamente abolito la democrazia e la sovranità nazionale».
Così, dopo l’ottimismo manifestato nei giorni scorsi, i mercati hanno ricominciato ad aver paura. Il segno meno è tornato a «sporcare» i listini (-1,76% Milano, -1,51% Parigi, -1,41% Francoforte) e si sono ricreate pressioni anche sui titoli di Stato, con i rendimenti sui Btp decennali risaliti al 5,61% e lo spread sui Bund è risalito a 370 punti dopo che giovedì era sceso fin sotto quota 350. A farne le spese è stato anche l’euro, ripiegato sotto gli 1,32 dollari. La reazione dei mercati è stata da manuale. L’inattesa complicazione del dossier Atene riporta infatti a galla i timori di una bancarotta. Senza il pacchetto da 130 miliardi, la Grecia non sarà in grado di rimborsare i 14,5 miliardi di titoli di Stato in scadenza il 20 marzo.
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