Grimaudo e Rorhwacher, le Mine vaganti di Ozpetek

Nel nuovo film del regista di Saturno contro la star delle serie tv sostituisce l’attrice che girerà La solitudine dei numeri primi. Sarà alla Mostra di Venezia con Baaria, il kolossal siciliano di Tornatore

Grimaudo e Rorhwacher, le Mine vaganti di Ozpetek

Roma - Quest’anno entrambe al Festival di Venezia, la bionda Alba Rohrwacher, interprete sofisticata e profonda, e la mora Nicole Grimaudo, estroversa attrice cinetelevisiva, si passeranno il testimone sotto il segno di Ferzan Ozpetek, cineasta apprezzatore di tutt’e due, talentuose in diversa misura.

Sarà Nicole Grimaudo la «mina vagante», pronta e esplodere il 2 settembre, quando nel kolossal Baaria di Giuseppe Tornatore, la vedremo capofamiglia d’un nucleo siciliano, del quale prenderà le redini col piglio delle donne del Sud. «Dipendesse da me, staccherei la Sicilia, dove non ci manca niente, dal resto d'Italia», scherza l’attrice da Marzamemi, dov’è scesa per stare in famiglia prima d’affrontare la ribalta. Dopo anni di fiction (da Ris - Delitti imperfetti a L’ispettore Coliandro), l’ex ragazzina di Non è la Rai, dove quindicenne ballava e cantava con Ambra Angiolini, gioca la carta del cinema d’autore. A tenere acceso il suo fuoco di siciliana, nata a Caltagirone ventinove anni fa (il padre imprenditore desiderava un maschio e l’ha chiamata Nicole non potendo chiamarla Nicola), penserà infatti Ferzan Ozpetek col suo Mine vaganti, set al via il 7 settembre, a Lecce.

Il regista turco (per restare nel Sud del mondo) ha ingaggiato lei, estroversa, mora e riccioluta, al posto di Alba Rohrwacher, bionda, introversa, dall’incarnato chiaro, affidandole il ruolo di protagonista («mi chiamerò comunque Alba») e affiancandola, nella sua drammatica ballata pugliese, ad Alessandro Preziosi e Riccardo Scamarcio, fratelli di ciak. Questo perché la talentuosa Rohrwacher (padre originario di Dresda) sarebbe stata scelta da Saverio Costanzo come protagonista della Solitudine dei numeri primi ispirato all’omonimo bestseller di Paolo Giordano. E se Alba, apprezzata nell’avatiano Il papà di Giovanna, preferisce tacere da fiorentina riservata e sottolinea che anche lei sfilerà a Venezia, nella Sezione Orizzonti, qualche strappo forse ci sarà stato. «Non posso dire nulla di ufficiale - si schermisce l’attrice - e preferirei parlare una volta alla Mostra del film di Luca Guadagnino, Io sono l’amore dove mi confronto con Tilda Swinton». È la prima volta, dopo tanti anni, che un film italiano parla dei guasti di certa società milanese benestante e gaudente. Ed è stato quest’approccio fresco, ma teso, in chiave di melodramma, a convincerla.

Ma torniamo al film di Ozpetek. «La parte di Alba è stata adattata alla mia fisicità», svela la Grimaudo. «Di Scamarcio sarò amica soltanto. E mio padre non potrà lamentarsi: come pugliese volitiva e cuciniera sarò un’imprenditrice solitaria, che porta avanti l’impresa di famiglia. Da persona troppo affettuosa, passerò per mattocchia... Preparare da mangiare per la gente che amo, sarò il mio modo di esprimere amore», anticipa Nicole che intanto si sbizzarrisce in cucina: «Mi sto perfezionando con la parmigiana di melanzane».

Si sa che Ozpetek sul set è esigente. Come ha sbaragliato la concorrenza di Micaela Ramazzotti, Cristiana Capotondi, e Ambra Angiolini, già musa di Ferzan in Saturno contro? «Quando la parte della Rohrwacher è risultata vacante - dice Nicole - mi sono presentata e ho letto la scena in cui racconto di mia madre con tono sarcastico, non melenso. E questo a Ozpetek è piaciuto». Ma che cosa insegna stavolta l’autore di Le fate ignoranti? «Racconta il marcio della vita facendolo apparire un pregio, grazie al suo gusto estetico. Sul set crea armonia e si lavora in famiglia», spiega l’attrice che come a casa si è trovata anche sul set di Baaria. «Al fianco di Ficarra e Picone sarò donna d’altri tempi, una madre che ha un’unica figlia alla quale tiene molto.

E cercando di spianarle la strada la renderà infelice... Girare con Tornatore, parlare in dialetto, è stato emozionante. Avevamo tutti l’impressione di partecipare a qualcosa d’irripetibile, immaginando di poter dire “io c’ero”».

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