Il Financial Times ha sostenuto ieri lidea di una separazione tra le attività di produzione e di distribuzione allinterno del gruppo Eni. Le finalità che potrebbero essere ottenute con unoperazione straordinaria di questo tipo si condensano in ununica espressione: creazione di valore. Sulla scia dellanalisi del Ft il titolo Eni ha guadagnato in Borsa l1,23%, in una giornata debole su tutti i mercati.
Il Ft richiama lesempio di altri Paesi in Europa (in particolare, le operazioni analoghe che hanno interessato British gas); nella sua Lex column sul «cane a sei zampe», definito «un animale strano», si sottolinea che il break-up sarebbe conveniente per lo Stato «indebitato» (che possiede il 30% del gruppo ex pubblico) e interessato «a strappare ogni centesimo dai propri asset»; e si avverte, inoltre, che loperazione - da condurre «a piccoli passi» - risponderebbe ai nuovi dettami dellUnione europea. Il quotidiano inglese porta anche un ulteriore elemento a sostengono della sua tesi: «Il recente taglio del dividendo dimostra che il modello ha raggiunto i limiti. Eni dovrebbe essere smembrata».
Che la separazione e lautonomia dei business possa portare alla valorizzazione dei singoli rami di attività è unopinione che spesso trova riscontro nelle riorganizzazioni dei grandi conglomerati industriali. Nel caso dellenergia, tuttavia, molti fanno notare che nel settore sono a confronto i giganti di tutto il mondo, e solo la robustezza delle dimensioni permette di trattare a pari livello. Il Ft anticipa, tuttavia, questa argomentazione sostenendo che le due divisioni - produzione e distribuzione - anche se separate manterrebbero un peso sufficiente.
Oggi il gruppo Eni è suddiviso in quattro divisioni: E&P, ovvero esplorazione ed estrazione di idrocarburi (petrolio e gas), la più importante con 17,4 miliardi di euro di utile operativo (dati 2008) sui 21,7 dellintero gruppo; G&P, che commercializza il gas e lenergia elettrica con questo prodotta, e che si occupa del trasporto attraverso i gasdotti (3,5 miliardi); R&M, che effettua la raffinazione e la distribuzione nelle stazioni di servizio (0,56 miliardi); Ingegneria e costruzioni (1 miliardo). La tesi del quotidiano riguarda le prime due aree.
Lanalisi, giudicata «debole» da Ubs, ha trovato il favore del fondo Knight Vinke, che detiene l1% di Eni: esso sostiene che lunione di upstream e downstream (estrazione e distribuzione) crea vincoli finanziari, e che la struttura del gruppo guidato da Paolo Scaroni potrebbe essere migliorata.
Al suo azionista lEni ha risposto con una nota per ricordare i benefici strategici e commerciali dallintegrazione fra il gas marketing e il settore E&P, senza la quale molte operazioni internazionali non sarebbero state possibili: pertanto «non è in programma di separare i due business».
Il gruppo petrolifero sottolinea di avere già ristrutturato il gas regolamentato con la cessione di Stogit e Italgas a Snam Rete Gas «iniziativa salutata positivamente dagli azionisti». Quanto al dividendo, la riduzione da 0,65 a 0,50 euro dellacconto di luglio trova motivazioni nelle incertezze del mercato e nella necessità di rafforzare quanto più possibile la struttura patrimoniale del gruppo.
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