Alessandro M. Caprettini
nostro inviato a Londra
Tre paginette edulcorate nei toni, molto rigide nella sostanza. Se verranno accettate dai rappresentanti dei governi dei 25, l'Europa si accinge ad un serio cambio di rotta nei confronti dell'immigrazione. Sostituendo all'attuale «fai da te» una politica comune fatta di maggiori aiuti al Terzo mondo, per evitare le diaspore verso il Vecchio Continente, ma anche di una maggiore rigidità nell'accoglienza.
Da domani a Bruxelles, per due giorni consecutivi, si riuniscono i ministri degli Interni assieme alla commissione: all'ordine del giorno - come primo punto - la necessità di una politica comune nei confronti del flusso migratorio che, secondo il documento messo a punto, «sta crescendo in maniera allarmante». A reclamare una presa di coscienza comune, seguita da decisioni congiunte, era stato il premier spagnolo Zapatero nel vertice di Hampton Court del 27 ottobre scorso. Erano i giorni degli incidenti di Ceuta e Melilla. C'erano stati morti e feriti negli scontri tra la milizia spagnola e i disperati che cercavano di valicare i recinti e procurarsi un lasciapassare per l'Europa. Delle due enclave iberiche in territorio marocchino si parla nella bozza di documento predisposta dalla commissione. Si citano come «indicazione da non sottovalutare». Ma si fa riferimento anche a Lampedusa, presa d'assalto nei mesi estivi, oltre che a Malta e ad alcune isole greche.
Fin qui, la risposta della Ue agli allarmi sollevati periodicamente da Italia, Grecia e Spagna era stata più che tiepida. Si rinviavano i problemi alla costituzione della speciale agenzia di controllo delle frontiere, creata a fine 2003 e stanziata a Varsavia, ma ancor oggi in via di costituzione. L'assalto della scorsa estate alle coste mediterranee della Ue, il montare di preoccupazioni tanto in Germania che in Francia - dove si indirizzano poi molti degli sbarcati - ha convinto i 25 che il toro occorre prenderlo per le corna.
Tre sostanzialmente i punti d'intervento che si suggeriscono: creare nuove partnership coi Paesi d'origine dei migranti in modo da frenarne l'afflusso; stabilire accordi coi Paesi - quelli del Maghreb in primo luogo - che fungono da zona di transito verso l'Europa, in modo da bloccare le traversate clandestine. Ma soprattutto creare una sorta di Guardia costiera europea aumentando la comune «capacità di sorveglianza». Non mancano esempi concreti che vengono offerti al dibattito. Attualmente - si rileva - i sistemi di avvistamento non vanno oltre i 10-15 chilometri dalle coste della Ue. «Bisogna dotare l'Europa di occhiali migliori per aumentare la nostra capacità di prevenzione» si suggerisce. Ancora - in base a relazioni fatte recapitare a palazzo Breydel dai governi austriaco e greco - si raccomandano più stretti controlli alle frontiere, anche aeroportuali, per smascherare visti turistici di comodo.
Buoni propositi, come si vede, accompagnati però da un secco avvertimento: occorrono risorse. Perché non è pensabile raggiungere intese coi Paesi di provenienza o con quelli di transito senza munirli di mezzi e risorse che blocchino la diaspora. E nemmeno è credibile organizzare una Guardia Costiera unica europea, destinata a controllare il Mediterraneo, senza adeguati finanziamenti.
Barroso e Franco Frattini nella due giorni - nel corso dei quali si parlerà anche di lotta al terrorismo e al commercio di droga, nonché dell'ipotesi di inserire dati biometrici nei documenti dei Paesi Ue - si aspettano che i ministri degli Interni diano il loro via libera. A quel punto l'intesa potrebbe esser trasferita sui tavoli del summit dei capi di stato e di governo del 15 dicembre per l'approvazione definitiva.
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