Cultura e Spettacoli

Guercino, una matita senza pace

Disegnava dovunque e in ogni momento della giornata. Settanta schizzi dell’artista ferrarese esposti a Cento

Possiamo immaginarlo, nel suo paesone tra Bologna e Ferrara, poco meno di 5000 abitanti all’inizio del Seicento, taccuino e penna in mano, a schizzare in continuazione. In piazza, a casa, in bottega, al mercato, all’osteria, o anche in quella «Accademia del nudo», da lui creata, a Cento, col gruppo di giovani amici. Come un Modigliani del primo Novecento ai caffè parigini, lui, Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino (Cento 1591- Bologna 1666), ritraeva tutto: tipi e figure, pezzi di paese, scorci di taverne, tutto il mondo della sua piccola patria.
Malvasia, storico del tempo, lo ricorda disegnare in ogni momento della giornata, a pranzo e a cena, e ne tesse le lodi, l’«applicazione indefessa», la sincerità, l’ironia e persino la castità e la verginità. Ma al di là delle doti umane di questo spilungone «gracile, carne bianca e rossa con temperamento buono, tirante al sanguigno», quel che oggi interessa di lui è la sua straordinaria fertilità e abilità non solo nella pittura, ma nel disegno. In un inventario dei beni di Casa Gennari a Bologna, redatto nel 1719, si contavano ben 2514 disegni di Guercino, di cui 448 di caricature. Un numero grande, ma solo una parte di quelli prodotti dall’artista lungo l’arco della vita. La Pinacoteca di Cento ne presenta oggi una settantina, selezionati da diverse raccolte. Oltre trenta provengono dalla collezione di Sir Denis Mahon, uno dei maggiori studiosi del pittore, da tempo depositata in lascito all’Ashmolean Museum di Oxford, che, per l’occasione, ne aggiunge una quindicina della propria, ricchissima. Gli altri appartengono alla stessa Pinacoteca Civica di Cento o a collezioni private della zona. Sono studi per dipinti, o disegni autonomi con paesaggi, figure, caricature, vivacissimi, disinvolti, intelligenti, realizzati con tecniche diverse e sapienti.
Guercino preparava le sue tele attraverso decine di studi, ricchi di varianti, particolari, angolazioni e inquadrature, Disegni leggeri, vaporosi, bellissimi, che grazie al Libro dei Conti della bottega del pittore, che registrava le vendite dei vari dipinti, hanno trovato una loro indiretta documentazione. Tra i numerosi esempi, la giovanile Allegoria della Pittura e gli Studi per la pala di santa Teresa, realizzata negli ultimi anni. Altri disegni nascevano invece spontaneamente, come puro divertimento del pittore, che osservava e schizzava ogni cosa, e sono forse i più interessanti. I paesaggi lungo il fiume Reno, con gli alberi battuti dal vento e piccole figure umane, si rivelano testimonianze precoci e preziose di questo genere. Peccato, soltanto uno agli Uffizi, è datato, 1626, gli altri navigano nel buio cronologico. Ma i più affascinanti tra i disegni autonomi sono le caricature e le scene di genere, in cui Guercino eccelle davvero. Emerge tutta l’umanità del tempo e del luogo: matti derisi da monelli (con commento dell’artista «Dai, dai al mat»), straccioni messi in posa per altezza, frequentatori di vespasiani, ubriaconi in taverna, festaioli del carnevale. E, sull’esempio di Leonardo, affiorano volti grotteschi. Un medico di Glasgow, Martin Ferguson, vi ha addirittura individuato diverse malattie del tempo, come la tireotossicosi, che colpiva la tiroide, la rinofima, un’ipertrofia del naso, la disostosi craniofacciale.
L’occhio di Guercino è comunque un occhio «buono», attento e umano. Non dissacratore, solo un tantino ironico. La caricatura è per lui una specie di diario personale, in cui segnare con abili schizzi impressioni e riflessioni sull’esistenza. Un occhio capace, insieme alla mano, di immortalare anche la bellezza di angeli e madonne, pensosi nudi maschili, Cristi portacroci e delicate donne che dipingono, come l’Allegoria della Pittura a sanguigna dell’Ashmolean Museum.
LA MOSTRA
Nel segno di Guercino. Disegni dalle collezioni Mahon, Oxford e Cento, Cento, Pinacoteca Civica, sino al 31 luglio.

Poi Londra, Leighton House, e Madrid, Museo del Prado.

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