Guerra Schumi-Rubens: a un soffio dall’incidente

Benny Casadei Lucchi

nostro inviato a Indianapolis

Bye-Bye formula uno, bye-bye buon senso, bye-bye Michelin, Renault, McLaren, Toyota, Sauber e vattelapesca. La formula uno che voleva, doveva, poteva sfondare in America, si è sfondata, frantumata, svergognata davanti a milioni di telespettatori, davanti ai 130mila nel catino di Indy che alla fine si sono divisi nei ferraristi convinti che un po’ hanno applaudito la doppietta Schumi-Barrichello sul podio, e gli altri che hanno fischiato a lungo.
Comunque sia, i primi tre (c’è anche Monteiro sulla Jordan) dei sei partiti – e vien da ridere solo a scriverlo – hanno avuto il pudore e buonsenso di non festeggiare e brindare. Tre team al via, tutti gli altri un giro e dentro il box. Gp valido, dunque, ma con sei partenti. Questa è stata l’America della F1. «Ho sensazioni strane oggi, io e Rubens abbiamo fatto gara vera – dice Schumi -. Avremmo comunque lottato per la vittoria anche se gli altri fossero rimasti in pista, perché eravamo davvero forti. Certo, avrei voluto vincere la mia prima gara dell’anno in altro modo, però statene certi: la figura fatta dalla F1 non segna la fine di questo sport in America. E poi tra me e Rubens è stata una corsa dura».

E ora è terzo nel mondiale: 34 punti, dietro Alonso, dietro Raikkonen a 37. E che fosse gara vera l’ha dimostrato l’attacco di Schumi a Barrichello al rientro dopo il secondo pit stop, con rischio di collisione. «Dormirò tranquillo» (...)

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