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Una guerra senza senso, avanti così e alla fine spariranno anche i tifosi

Attacco alla "nazionale rossa". Da Max Mosley e dalla Fia continue provocazioni contro la Ferrari. E intanto la Brawn ha monopolizzato il mondiale di Formula uno

Una guerra senza senso, avanti così e alla fine spariranno anche i tifosi

La cosa più giusta, nell’ennesimo bailamme mediatico scoppiato ieri, l’ha detta Fernando Alonso: «È una lotta stupida». Nella quale - s’intende - la stupidità non sta certo in chi alla lotta è costretto, ma in chi ha voluto a suon di rivoluzioni regolamentari trasformare il mondiale di Formula Uno in terra di battaglia. Insomma, a questo punto viene da dire «salviamo la Formula Uno», perché persino quelli che del Gran Premio ne fanno uso per accompagnare la pennichella domenicale, si ridestano come delle bestie quando gli tocchi la Ferrari. E questo lo capiscono tutti tranne uno: Max Mosley.
Diciamolo: la battaglia per annientare l’Armata Rossa è cominciata tanto tempo fa, quando Schumacher vinceva a ripetizione. Allora i signori della Fia si inventarono un nuovo punteggio per minimizzare il dominio del Cannibale, ma non fu abbastanza, perché nonostante i successi di Renault e McLaren, quelli del Cavallino avevano la testa dura: erano sempre lì davanti. E questo nonostante da Oltremanica arrivassero continue richieste di rendere la F1 «più competitiva». Così ecco l’era dei diffusori, dalle ceneri della Honda arriva la Brawn Gp e improvvisamente succede l’incantesimo: la Ferrari non vince più (e neppure la Renault e la McLaren...). Peccato però che dei primi 5 Gran Premi di quest’anno, quattro li abbia conquistati la stessa macchina, nella riedizione - con altri colori - dell’epoca del Kaiser. Domanda da semplice spettatore: c’è più competizione?
In pratica: la Ferrari probabilmente ha sbagliato qualcosa. Questione di fiducia magari e probabilmente anche di organizzazione, come ha ammesso Stefano Domenicali dopo l’ultima corsa finita male. E per la verità stona anche quell’«indiscreto» apparso ieri sul sito ufficiale nel quale si legge che tra i team alle porte del Circus «si fa fatica a trovare un nome degno di nota»: è una questione di cavalleria che di solito è sinonimo di Cavallino. Però non c’è dubbio che ai tifosi, milioni in tutto il mondo, non si può propinare una lunga battaglia legale nella quale la Ferrari è costretta a difendere se stessa e i team storici della F1 dalla fretta rivoluzionaria della Fia, che avrebbe il dovere - come organo supremo - di trovare una mediazione. E la risposta di Max Mosley («nessun competitor dovrebbe porre i propri interessi al di sopra di quelli dello sport in cui compete») è solo l’ennesima provocazione di chi dimentica volutamente cos’è la Ferrari per lo sport dei motori. Ci vuole un punto d’incontro dunque, un regolamento chiaro, e soprattutto rispetto per quei tifosi che - come ricorda la Ferrari stessa - sono capaci di «spendere 400 euro a testa per un biglietto in tribuna per un Gran Premio».

Continuando così, anche se alla fine la Rossa dovesse restare, quei tifosi se ne saranno già andati.

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