Che qualcosa stesse pesantemente scricchiolando all'interno dell'establishment russo è cosa nota da tempo, al di là delle smentite di facciata. Non solo il palese scontro tra il generale Gerasimov e Prigozhin per il controllo dell'esercito, impossibile da negare. Ma al netto delle purghe e dei giri di vite che dalle parti del Cremlino non mancano mai, sono in molti nel cerchio magico putiniano a non essere d'accordo con la linea ufficiale. E ora l'istituto americano per lo studio della guerra racconta che anche la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha di fatto confermato che vi sono lotte intestine nei circoli del Cremlino, che il Cremlino ha ceduto il controllo dello spazio informativo russo e che il presidente russo Vladimir Putin apparentemente non riesce a risolvere la situazione.
Ovviamente la Zakharova ha definito «false» le notizie del think tank ma il personaggio si conosce. Sempre in prima linea nell'accusare chiunque, nell'attaccare tutti, da leader a interi governi, con toni polemici e spesso violenti. Pronta a difendere l'indifendibile e a negare anche la realtà più palese in nome della (sua) ragion di Stato. Ma proprio lei avrebbe detto «che il Cremlino non può riproporre l'approccio stalinista di controllo centrale dell'informazione», a causa di non meglio specificate «lotte fra le èlite». Ennesima conferma di un caos interno difficile da gestire, anche a causa di un conflitto che in pochissimi volevano realmente portare avanti. Non solo ai piani alti del Cremlino ma anche, e forse soprattutto, tra la popolazione civile.
Dopo le fughe dalla Russia di migliaia di uomini per sfuggire all'arruolamento, ieri numerose mogli e madri russe si sono unite per chiedere a Putin di smettere di mandare i loro mariti e figli «al massacro», obbligandoli a unirsi all'esercito senza un addestramento o rifornimenti adeguati. In un video, una delle donne racconta che suo marito si trova in prima linea e accusa: «I nostri mobilitati vengono inviati come agnelli al macello per assaltare le aree fortificate, cinque alla volta, contro 100 uomini», chiedendo che gli uomini vengano ritirati dal fronte o quantomeno equipaggiati a dovere. Scarso, quasi nullo, il gradimento per la Russia anche oltre confine, specialmente in Georgia e Moldavia dove ieri ci sono stati ancora momenti di tensioni in piazza tra la polizia e manifestanti filo-russi nel centro di Chisinau con più di 50 persone fermate. Da tempo agitatori vicini a Mosca stanno mettendo sotto pressione il governo, tanto che proprio ieri la polizia ha comunicato di aver smantellato una rete sovversiva «orchestrata da Mosca».
Un uomo arrivato dalla Russia, accusato di essere un addestratore di manifestanti, è stato arrestato. Altri 25 sono stati interrogati e sette di loro sono finiti in manette grazie al lavoro di un agente infiltrato. Le autorità hanno riferito di aver ricevuto informazioni dettagliate sul gruppo che voleva creare «azioni destabilizzanti sul nostro territorio tramite manifestazioni». Intanto prosegue senza sosta la battaglia di Bakhmut, con la città spezzata in due tra i mercenari della Wagner e la resistenza ucraina che denuncia numerosi cadaveri di civili nelle strade.
«Se ci ritirassimo la Russia prenderebbe Bakhmut e poi continuerebbe la sua offensiva», ha detto il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, tornando a chiedere all'Occidente di accelerare il rifornimento di armi e munizioni per continuare la difesa del territorio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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