"È lui a offrire una via d'uscita". L'ideologo di Putin detta le condizioni in Alaska

Dmitrij Suslov delinea due scenari per il vertice in Alaska: un accordo bilaterale Mosca–Washington o, in caso di rifiuto, il taglio dell’assistenza militare statunitense all’Ucraina

"È lui a offrire una via d'uscita". L'ideologo di Putin detta le condizioni in Alaska
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Alla vigilia del vertice in Alaska tra Donald Trump e Vladimir Putin, le cancellerie osservano con attenzione il raro incontro bilaterale che riporterà i presidenti di Russia e Stati Uniti faccia a faccia su suolo americano per la prima volta in quindici anni. "Putin sta offrendo a Trump un’uscita di scena conveniente", tuona in queste ore Dmitrij Suslov, vicedirettore del Centro di studi europei e internazionali alla Scuola Superiore di Economia di Mosca e consigliere ascoltato del Cremlino in materia di politica estera.

Secondo Suslov, il vertice in Alaska si presenta come un passaggio strategico cruciale. Il Cremlino immagina due possibili esiti. Il primo – e quello che Mosca considera prioritario – sarebbe l’adozione di un’intesa bilaterale tra Russia e Stati Uniti, senza il coinvolgimento diretto di Kiev o delle capitali europee. Il piano, nella visione di Putin, prevedrebbe il ritiro delle truppe ucraine dalle aree del Donbass ancora sotto controllo di Kiev e, in parallelo, il ritiro russo da alcune zone di Sumy, Dnipropetrovsk e Kharkiv, lasciando immutata la linea del fronte altrove. Un’evoluzione significativa rispetto a un anno fa, quando la richiesta russa era il completo sgombero delle quattro province annesse; oggi l’attenzione si concentra quasi esclusivamente sul Donbass. Alla base, però, resterebbe una condizione non negoziabile: l’impegno formale dell’Ucraina a non aderire alla NATO.

Suslov sottolinea che non si tratterebbe di un semplice scambio di territori. Mosca vorrebbe includere nell’accordo finale anche la demilitarizzazione del Paese e una riforma costituzionale in senso federale. La novità, spiega, è duplice: per la prima volta la Russia si dice pronta a discutere non solo dell’accordo di pace definitivo, ma anche di un cessate-il-fuoco intermedio; e, parallelamente, sembra disposta a chiedere meno rispetto al passato in cambio di una tregua.

L’altra ipotesi, quella che il Cremlino considera meno auspicabile ma comunque plausibile, vedrebbe Zelensky – sostenuto dai governi europei – respingere la proposta. In questo scenario, Trump potrebbe reagire bloccando l’assistenza militare a Kiev e interrompendo anche le forniture di armi agli alleati europei destinate all’Ucraina, accelerando così la sconfitta di Kiev e il collasso delle sue capacità difensive.

Ma perché, in questo caso, Trump agirebbe contro Kiev senza introdurre sanzioni contro Mosca, nonostante le minacce recenti? Suslov lo spiega con la posizione scomoda in cui il presidente americano si è messo dopo aver chiesto a Cina, India e Brasile di interrompere le importazioni di greggio russo, minacciando sanzioni secondarie. Un rifiuto da parte di Pechino – scontato – ma anche di Nuova Delhi e Brasilia metterebbe Washington di fronte a un bivio: arretrare, dando un segnale di debolezza, oppure aprire un fronte politico e commerciale con tre Paesi chiave dei Brics, con esiti imprevedibili. Un successo del vertice in Alaska, con l’approvazione di un piano congiunto per una tregua in Ucraina, permetterebbe invece a Trump di disinnescare questa miccia e di presentarsi come l’artefice di una svolta storica. Per questo, conclude Suslov, è probabile che il presidente americano accolga la proposta russa.

Anche la scelta del luogo non è casuale. L’Alaska, sottolinea il consigliere del Cremlino, ha un forte valore simbolico: è il territorio americano geograficamente più vicino alla Russia, lontano dall’Europa e da Kiev, e richiama immediatamente l’idea di un rapporto diretto tra le due potenze. Sarà il primo summit ufficiale tra Mosca e Washington su suolo statunitense da quindici anni, dopo l’incontro del 2010 tra Dmitrij Medvedev e Barack Obama.

La località risponde anche a esigenze di agenda: oltre all’Ucraina, i due leader discuteranno dell’Artico, regione dove la competizione militare è in crescita ma che, con lo scioglimento dei ghiacci, si apre a possibilità di cooperazione economica, ricerca congiunta, esplorazione di risorse e nuovi corridoi commerciali. Un segnale, almeno nelle intenzioni dichiarate, della volontà di trasformare un’area di potenziale scontro in un terreno di intese strategiche.

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