AgrigentoPurtroppo non è stata una sorpresa. I lampedusani sapevano che la brace covava sotto la cenere e temevano che prima o poi quella polveriera che è il centro di identificazione ed espulsione sarebbe esplosa. Da diversi giorni si respirava un clima di tensione, piccoli particolari, proteste, tentativi di fuga continui degli stranieri lasciavano intravedere una situazione al limite del collasso. Ieri è accaduto. Botte, violenze, un violento incendio innescato dai clandestini: tutto per protestare contro il rimpatrio forzato.
I tafferugli sono scoppiati al momento della distribuzione dei pasti, poco prima di mezzogiorno: un gruppo di tunisini, che martedì scorso aveva cominciato uno sciopero della fame, chiedendo di non essere espulso, ha aggredito alcuni connazionali che avevano deciso di pranzare egualmente. Gli agenti di polizia e i carabinieri in servizio all'interno del Centro sono subito intervenuti per calmare gli animi. A questo punto gli immigrati hanno scaricato la loro rabbia contro gli uomini in divisa, lanciando water, porte sradicate e pezzi di lamierino che hanno ferito alcuni agenti. Le forze dell'ordine, in assetto antisommossa, hanno risposto facendo anche uso di manganelli e lacrimogeni.
Nella struttura, si trovavano 889 immigrati, in gran parte tunisini. Le forze dell'ordine hanno dovuto chiamare i rinforzi per contenere la furia dei rivoltosi. Qualcuno degli immigrati nel frattempo aveva appiccato il fuoco e nel giro di una manciata di secondi si sono formate fiamme alte oltre dieci metri. Solo l'intervento tempestivo di una cinquantina di pompieri ha evitato che lintera struttura andasse distrutta. Oltre il sessanta per cento del Centro comunque risulta ormai fuori uso.
Pesante il bilancio dei feriti: oltre cinquanta tra uomini in divisa e immigrati sono dovuti ricorrere alle cure dei sanitari del locale Poliambulatorio, mentre sono serie le condizioni di un vigile del fuco intossicato dal fumo.
Nel pomeriggio, la polizia ha identificato e arrestato una ventina di tunisini che avrebbero preso parte agli scontri con le forze dell'ordine nel Cie incendiando poi una delle palazzine che li ospita. «Le fiamme - hanno spiegato i vigili del fuoco - sono state appiccate in tre punti diversi del centro: i danni sono ingentissimi».,
Una nuova tegola per il questore Girolamo Di Fazio. Che spiega: «Stiamo organizzando il loro trasferimento nel carcere di Agrigento. Mentre il Viminale ha deciso di anticipare il trasferimento di una parte degli immigrati già destinati ad essere rimpatriati. La metà dei posti letto del Cie, infatti, è ormai inutilizzabile.
Spente le fiamme al centro daccoglienza, ora arde il fuoco delle polemiche. Il sindaco di Lampedusa Bernardino De Rubeis chiede le dimissioni del ministro Maroni.
«Grazie all'opera svolta dal ministro - sostiene De Rubeis - si è corso il rischio che a Lampedusa potesse accadere una strage sia tra gli immigrati, sia tra le persone che lavorano all'interno del centro e tra la popolazione».
Non si è fatta attendere la replica della senatrice della Lega Nord, la pasionaria lampedusana, Angela Maraventano, sua ex vice: «Da oltre un mese non ci sono più sbarchi nell'isola e questo grazie alla determinazione del nostro ministro dell'Interno.
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