Enrico Groppali
Si è ripetuto fino all'usura del più sbiadito luogo comune che i personaggi di Thomas Bernhard, il grande austriaco che per tutta la vita teorizzò l'estetica del suicidio terminando, ironia della sorte, la sua giornata terrena vittima di un cancro, sono proiezioni di un esaltato stato di nevrosi.
Errore madornale perché il più dotato allievo di Beckett eleva la propria desolazione a schema di un insensato agire che, esule dalle sponde dell'Assurdo, non insegue più il fantasma di Godot ma si compiace di rappresentare la vita come una messinscena satirica. Un teatro in eterno divenire dove l'interprete è sia l'officiante che il destinatario del rito. In altri termini ciò che capita alla signora giunta «Alla meta» del suo viaggio come quel che accade a «Minetti», l'attore scritturato (ma da chi?) per interpretare un Lear celato sotto la maschera di Ensor o a Bruscon, il «teatrante» che non riesce a farsi portavoce del proprio copione testamentario se non di fronte a una comunità di fantasmi sono sì figurazioni di un'umanità cancellata dalla faccia della terra ma al tempo stesso i calchi del teatro comico di Nestroy e del cabaret viennese di Karl Valentin. Immagini plastiche della disperata vitalità e delle buffe convenzioni dell'operetta nata sulle scorie della Mitteleuropa, gli eroi di Thomas non recitano una parte ma esprimono il proprio destino di sopravvissuti di un costume teatrale che solo nella provincia più fonda fa balenare i lampi di un lontano passato.
Un'eredità che a Bruscon, il teatrante del titolo, calza come un guanto. Fin da quando entra nella squinternata sala da ballo di Utzbach, la cittadina-obitorio dove si consumano i suoi ultimi fuochi comprendiamo subito la sua miserabile natura di guitto. Che in uno spaventevole bric-a-brac confonde Hitler, Stalin, Churchill e persino Voltaire finendo per imporre ai suoi seguaci in via di disgregazione dei sudari imbrattati di nera pece o di rosso fiamma a significare la smorfia derisoria dei teschi.
IL TEATRANTE - di Thomas Bernhard. Regia e interpretazione di Paolo Graziosi. Milano, Teatro Franco Parenti, fino al 12 dicembre
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.