Ha ispirato i sindaci sceriffi: ecco la ricetta per rendere sicure le città

Renzo Ciofi, in provincia di Pistoia, prima per consumo di Viagra in Italia, dieci anni fa ripulì la capitale del meretricio. Da vigile urbano inventò le multe per prostitute e clienti. Oggi insegna col criminologo che difese Pacciani

Ha ispirato i sindaci sceriffi: ecco la ricetta
per rendere sicure le città

Nella provincia di Pistoia, prima in Italia per consumo di Viagra, soltanto un uomo della strada - un vigile urbano - poteva riuscire nell’impresa di sconfiggere il più endemico dei flagelli: la prostituzione. Accadde giusto dieci anni fa e Renzo Ciofi è il primo a stupirsi d’aver dettato la linea, a distanza di tanto tempo, sia al centrodestra che al centrosinistra, ai Tosi come agli Zanonato, e infine anche al sindaco della capitale Gianni Alemanno (l’ultimo a firmare un’ ordinanza che prevede 500 euro di multa per lucciole e clienti), e persino al Parlamento, che a gennaio dovrebbe votare il disegno di legge presentato dal ministro delle Pari opportunità, Mara Carfagna, per trasformare in reato punibile con l’arresto il commercio di prestazioni sessuali esercitato nelle strade.

«Dominium est ius utendi et abutendi re sua quatenus iuris». Ciofi è partito dal Digesto dell’imperatore Giustiniano, dal diritto dell’individuo di usare e di abusare delle cose che gli appartengono per quanto lo consenta la legge. L’ha chiamato progetto Anima, «perché tutto ha un prezzo,ma l’anima no, non si può né affittare né vendere». Finora 52 Comuni si sono ispirati alle sue linee guida. Lui, il mitissimo Serpico che ha fatto scuola a livello nazionale, all’epoca era un semplice vicecomandante, benché con funzioni di comandante, della polizia municipale di Montecatini, la rinomata località termale divenuta suo malgrado il puttanaio del Belpaese, crocevia internazionale di corpivendole, come le chiama un ex inviato speciale della Notte di Nino Nutrizio che ha la seconda casa qui.

«In 800 metri quadrati», racconta Ciofi, «arrivavo a contarne 110 per notte, provenienti da Ucraina, Moldavia, Albania, Romania, Bulgaria, Polonia, Benin, Nigeria, Repubblica Dominicana, e la metà di loro adescava in media dai 20 ai 30 clienti a settimana». Non restava che punire le une e gli altri con 600.000 lire di multa. Da cinque anni Ciofi s’è tolto la divisa per mettere a frutto l’esperienza acquisita sul campo. Insegna diritto e scienze della sicurezza nelle aree urbane all’Università La Sapienza di Roma, nel master di scienze forensi del professor FrancescoBruno, il criminologo che faceva parte del collegio difensivo di Pietro Pacciani al processo d’appello contro il «mostro di Firenze» e che è stato ospite fisso di Porta a porta nelle puntate sul delitto di Cogne. Ma soprattutto l’ex vigile è diventato direttore dell’Istituto nazionale di scienze forensi, fondato dall’avvocato Eraldo Stefani,un abile penalista di Firenze che nell’ultimo anno ha fatto assolvere un geometra di Terni finito all’ergastolo per duplice infanticidio e un rumeno condannato a 22 anni con l’accusa d’aver ucciso una coppia di amanti nell’Aretino.

La specialità di Ciofi è fornire progetti chiavi in mano alle amministrazioni civiche che devono fare i conti non solo con la compravendita dei corpi, ma anche con l’immigrazione clandestina, le carovane di nomadi, il commercio abusivo, il teppismo. «Ormai sono fenomeni che non riguardano più soltanto le metropoli: alla consulenza fornita dal nostro istituto si sono dimostrati interessati piccoli Comuni come Macerata, appena 43.000 abitanti, e in questo momento sto lavorando a un progetto per la sicurezza che mi è stato commissionato da un futuro candidato sindaco di unacittà di medie dimensioni del Centro Italia».

Il super esperto ha faticato molto per acquisire le competenze che oggi tutti gli riconoscono. Nasce nel 1948 da due umilissimi contadini di Pieve a Nievole e a 11 anni viene mandato a lavorare in calzaturificio a Monsummano. Passa indenne il ’68. Tornato dal servizio militare nell’Aeronautica, s’iscrive alla scuola serale di don Marino Mori, una specie di don Milani della Valdinievole. Nel giugno 1971 supera da privatista l’esame di terza media che gli consente, due mesi dopo, d’essere assunto come vigile a Montecatini. Il comandante Giuseppe Terreni intuisce che il ragazzo ha stoffa e, «fors’ anche perché non aveva figli», lo adotta professionalmente, distaccandolo prima presso la pretura circondariale di Monsummano, dove per tre anni svolge le funzioni di cancelliere alle dipendenze del magistrato Antonio Esposito, che in seguito diventerà presidente del tribunale di Pistoia, e poi presso il commissariato di Pubblica sicurezza di Montecatini.

Di sera Ciofi continua a studiare: si diploma ragioniere e si laurea a Firenze in pedagogia, indirizzo sociologico, con 110 e lode. Quando nel ’99, dopo 45 anni ininterrotti di governo delle sinistre, il centrodestra vince le elezioni, il sindaco Ettore Severi lo nomina suo capo di gabinetto, a riprova di un apprezzamento bipartisan che premia, con le idee, la persona.

Come s’è creata l’emergenza prostituzione in Valdinievole?
«Montecatini è ricca, si trova amezz’orad’autosia dallecittà d’arte della Toscana che dalle spiagge della Versilia. Cisono le terme, c’è l’ippodromo, c’è vita.Ogni anno qui arrivano 600.000 turisti e le presenze sfiorano i 2 milioni. Insomma, un boccone appetibile per i malavitosi. Ci aggiunga la guerra nei Balcani, che negli Anni 90 provocò ondate migratorie di slave, kosovare e albanesi, pronte a vendersi per fame. In breve il costo delle prestazioni aveva raggiunto cifre da capogiro, dalle 80.000 alle 150.000 lire. Una donna di età compresa fra i 14 e gli 80 anni non poteva girare per strada dopo l’imbrunire senza sentirsi chiedere:“ Quanto vuoi?”. Erano sorti comitati spontanei di protesta. Il sindaco d’allora, Corrado Messeri, un ex repubblicano tutto d’un pezzo, mi convocò nel suo ufficio: “Bisogna fare qualcosa. I cittadini non ne possono più”».
E lei che fece?

«Passai due giorni in giardino a lavorare».
Prego?
«Era luglio. Mi accorsi che non disponevo di strumenti adeguati per reprimere il fenomeno. Così mi riparai all’ombra di quell’albero che vede lì fuori e riscrissi da cima a fondo i 108 articoli del regolamento comunale di polizia urbana risalente al 1956. Bastò inserire all’articolo 43 la frase chiave: “È vietato camminare o sostare, anche temporaneamente, sul suolo pubblico con abbigliamento indecoroso o indecente, ovvero mostrando nudità che comunque costituiscano turbativa al decoro cittadino, ovvero si configurino come attivitàdi meretricio esercitata su suolo pubblico o aperto al pubblico o che comunque possano costituire turbativa e intralcio per la sicurezza della circolazione e danneggiamento al demanio pubblico”».
Che c’entra il demanio?
«Unacautela in più. Se l’ automobilista, distratto dalle bellezze procaci che stazionano sui viali del vizio, vaa sbattere contro i cordolioi segnali stradali, chi paga i danni? Lo Stato. Già che c’ero, nel medesimo articolo aggiunsi: “È  vietato questuare, chiedere elemosine, vendere gadgets, pulire i parabrezza delle auto sulla carreggiata stradale”. Così sistemai anche i vu’ cumprà».
Belle parole.
«Be’, sa, quando leggo che il sindaco di Roma, poveretto, ha come unica arma a disposizione un regolamento di polizia urbana approvato nel novembre del ’46... Partire dalle regole è fondamentale. L’articolo 59 che scrissi io è formato da sole 14 parole: “Le soste di carovane di nomadi non sono consentite su tutto il territorio comunale”. Fine delle discussioni sulla presenza degli zingari e sui furti negli appartamenti».
Davvero basta così poco?
«Certo che no. Nelle città serve una figura nuova: il responsabile della sicurezza che tiene i contatti col prefetto e con le forze di polizia. I sindaci e comandanti dei vigili urbani non sono più in grado, da soli, di salvaguardare l’ordine pubblico. Devono essere affiancati da un libero professionista che interagisca con i vari uffici: polizia municipale,anagrafe, tributi, urbanistica. Altrimenti la mano destra non saprà mai che cosa fa la sinistra».
Perché l’urbanistica?
«Glielo spiego subito. Negli Anni 80 il Comune decise che lo sviluppo edilizio di Montecatini dovesse avvenire attraverso la costruzione di monolocali e miniappartamenti. Secondo lei chi può permettersi di pagare ogni mese 1.200 euro per una sola stanza? Di sicuro non le persone anziane che vengono qui a passare le acque due settimane l’anno. Vede bene che l’urbanistica ha un’enorme importanza. Così pure l’anagrafe che concede la residenza: i flussi passano da lì. Idem l’ufficio tributi: la legge consente di accertare se il signor Ciofi ha un tenore di vita più alto del reddito che denuncia. La polizia municipale deve avere un apparato informativo capillare, andare ad ascoltare i cittadini nei bar e nelle strade, istituire una rete di relazioni amichevoli che le consenta la mappatura del territorio».
Manca solo il capo fabbricato, come durante il fascismo.
«Lei ci scherza. Ma i miei primi collaboratori erano proprio gli abitanti dei condomini che volevano vivere in tranquillità e non sopportavano il via vai di prostitute e clienti sulle scale. Mi comunicavano in temporeale se nello stabile s’insediavano persone di malaffare. Non dimentichi che il magnaccia quasi sempre si porta appresso il ladro e il killer».
Tutto giusto. Ma chi paga?
«Chi ci guadagna, vorrà dire. Le sembrerà strano, ma col mio sistema il Comune spende 1 e incassa16. Mi spiego con cifre concrete. A Montecatini avevo istituito tre pattuglie, in totale 9 vigili, che lavoravano in straordinario dall’1 di notte alle 5 del mattino. Dal novembre ’98 al marzo ’99 elevammo ben 1.390 verbali da 600.000 lire l’uno. Entrate totali: 834 milioni. Spesa per retribuire gli agenti: 52 milioni».
Da non credere.
«I conti sono presto fatti. Un’ora di straordinario di un vigile costava 18.000 lire. Moltiplichi per le 4 ore del turno: 72.000 lire. Moltiplichi per i 9 vigili: 648.000 lire a notte. In pratica bastava una sola multa, all’incirca, per pagare il servizio antiprostituzione. Solo che in quella stessa notte scattavano 20-25 sanzioni contro passeggiatrici e clienti: tutto profitto. Mi ritengo una persona normalissima, non un genio. Non ho ancora capito perché non si faccia così in tutta Italia».
E come avvengono i controlli?
«Due auto-civetta con vigili in abiti civili avvistano il cliente che raccoglie per strada la lucciola. Il numero di targa viene comunicato alla pattuglia più vicina, che ferma il veicolo e contesta agli occupanti la duplice infrazione. Verbale consegnato a mano, all’istante, per evitare grane con la legge sulla privacy. In pochi mesi la prostituzione era calata dell’80%».
Per spostarsi nelle città vicine.
«Vorrà dire che anche le città vicine adotteranno lo stesso regolamento».
Un cittadino potrebbe obiettare d’aver dato semplicemente un passaggio a un’autostoppista.
«Guardi, una notte, dopo un’ora e mezzo di pedinamenti, fermai una signora che aveva fatto salire in auto una di queste sventurate. “Ma noi siamo due donne!”, protestò la guidatrice. Le replicai che non ci occupavamo dei gusti sessuali. E la multai».
Si sarà fatto molti amici.
«Diciamo che da un mese ho dovuto trasferire la residenza da Montecatini a Pieve a Nievole. Alle finestre di casa ho messo le inferriate. Mi sento un recluso. M’è toccato cambiare il numero di cellulare e togliermi dall’elenco abbonati del telefono. I disagi peggiori li ha patiti mia moglie, che riceveva messaggi in cui s’insinuavano infedeltà coniugali. A me invece mandavano lettere composte con caratteri ritagliati dai giornali: “Stai attento alla famiglia”».
Ma lei che cosa pensa della prostituzione?
«È una variabile del comportamento umano. Ci sono persone chehanno difficoltà a relazionarsicon l’altro sesso e trovano questa scappatoia. Lo capisco e non giudico. Dico solo che non è giusto che il mercato avvenga sotto casa mia. Però togliamoci dalla testa che la prostituzione si possa debellare. È sempre esistita e sempre esisterà».
Anche il furto è sempre esistito e sempre esisterà. Però i ladri vengono perseguiti.
«Se lo Stato dichiara che la prostituzione è reato, io sono perfettamente d’accordo. Ma i clienti che fermavo io avevano un’età mediadi 35-40 anni. Serve di più lo psicologo».
Esiste anche il reato di riduzione in schiavitù.
«Lo so bene.Chequeste disgraziate siano schiave è pacifico. Dieci anni fa il debito di riscatto che le prostitute dell’Est, quelle più carine, dovevano pagare ai protettori per riprendersi la loro libertà, era di 90 milioni di lire. Una cifra impossibile».
Ed esiste anche il reato previsto dall’articolo 438 del codice penale: «Chiunque cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l’ergastolo».
«Non me ne parli. Feci intervenire l’Asl, che in quattro mesi avvicinò 270 prostitute. Nessuna conosceva i meccanismi di trasmissione del virus dell’Aids e molte risultarono positive ai marcatori dell’epatite. Il 30% di loro riferì agli operatori che la rottura del preservativo era un fatto abituale. La classifica delle prestazioni risultò terrificante: 900 rapporti senza condom,contro 570 col condom, e 310 rapporti orali».
Lei come affronterebbe il problema dell’immigrazione clandestina?
«Gli immigrati sono 4 milioni. Troppi. Però sono esseri umani. Qui non si tratta di cattolici, musulmani o buddisti, ma di persone. La solidarietà va esercitata nella sicurezza. I senegalesi sono commercianti nati, i nigeriani tendono ad arrangiarsi con lo spaccio della droga. I primi possono trovare lavoro nei mercatini multietnici, i secondi no. Prima ne prendiamo atto e meglio è».
Pene severe per i graffitari. Concorda?
«Concordo sì. Avrebbe dovuto vedere come avevano ridotto la stazione ferroviaria di Montecatini costruita nel 1933 dall’architetto Angiolo Mazzoni, il progettista delle Ferrovie che aveva lavorato con Marcello Piacentini, i cui disegni originali sono custoditi al Mart di Rovereto».
E il carcere per chi abbandona nelle strade gli elettrodomestici usati?
«Facciamo uscire Pietro Maso di prigione per mandarci chi butta la vecchia lavatrice? Qualcosa non quadra. Intanto gli appioppo 1.000 euro di multa.

E la volta dopo, se lo becco di nuovo, gli raddoppio la sanzione. In galera ce ne sono anche troppi e costano. La gente si corregge con molto meno: toccale la tasca e poi vedi...».
(429. Continua)
stefano.lorenzetto@ilgiornale.it

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