Roma

«Hai messo l’acqua (nel sugo) e non ti paghiamo»

Impietosi. Non bastava la crisi economica, un clima da Blade Runner, l’Alitalia in difficoltà e gli allarmi portasfiga delle associazioni dei consumatori. Ora il settore turistico capitolino deve fare i conti anche con le frecciatine telematiche degli amici americani. Secondo i quali euro forte e un certo eccesso nei prezzi continuano a tener lontani i turisti dall’Urbe. Lo scrive ieri l’edizione on-line del New York Times, che in passato aveva criticato certe forme nostrane di ricezione turistica, come il malcostume di «aggiungere acqua al sugo degli spaghetti» (che in realta è solo poco cura nel scolare la pasta) a chi non è italiano. «L’euro e le peggiorate condizioni dell’economia mondiale fanno sentire il peso sull’industria turistica», scrive il quotidiano, «persino a Roma, dove l’arrivo dei turisti è considerato certo come quello della cartella esattoriale». Le cifre riportate sono sconfortanti: «tra Roma e Lazio il numero dei turisti stranieri è precipitato a ferro da stiro: 12 per cento nei primi 11 mesi del 2008. Le cose non vanno meglio in Vaticano, dove il numero dei visitatori alle udienze papali è sceso di mezzo milione nel corso dell’anno appena finito».
Grande spazio, poi, al problema di volare Alitalia e alle botticelle, ormai nell’occhio del ciclone (e a questo riguardo il 28 gennaio Alemanno incontrerà conducenti e animalisti). Per gli amici americani sono tenute male e care. «Per forza - afferma il giornale - a seconda del giro, il guidatore di carrozzella si fa pagare dai 50 ai 120 euro. Assurdo». Non si tratta, quindi, solo di ristoratori e sugo. Così non stupisce che «A via Veneto la dolce vita non sia più dolce». Dunque il consiglio: «Per chi sa spendere, è il momento di venire a Roma. La gente è più “gestibile” e i negozi svendono».
«Saldi», annuncia il New York Times usando la parola italiana nel testo inglese, «saldi». Anche se a via Condotti quanti si affacciano alle vetrine di Gucci per dare un’occhiata carica di desiderio «sono quasi tutti russi».

E anche loro non sono poi così tanti.

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