«Confidenziale» proprio non è, la scrittura di Michel Houellebecq. Le si addicono, piuttosto, aggettivi meno domestici e rassicuranti. Per esempio «estranea», «scostante», «disturbante». Quando scrive, lui graffia (anche se stesso, certo) come un gatto scontroso e solitario che si trova a proprio agio soltanto sui tetti.
Ma chi l'abbia, oltre che letto, anche ascoltato parlare, avrà avuto, dello scrittore francese, un'impressione ben diversa. Allora, nella forma gli spigoli si ammorbidiscono e gli angoli acuti divengono ottusi (pur rimanendo acuti nel contenuto...). Lo Houellebecq parlante è la controfigura, con tanto di ciuffo biondo e sigaretta sempre accesa, del mitico Zdenek Zeman, il profeta mormorante del calcio offensivista.
Quelli, poi, che l'hanno ascoltato in versione cantante... quelli sì possono usare a proposito l'aggettivo «confidenziale». Il buon Michel ingrana la seconda marcia (la terza e la quarta non sa nemmeno che esistono) e, dal sussurro zemaniano passa al monologo in stile Fred Bongusto. Niente rotonde sul mare, niente tre settimane da raccontare, però a orecchio siamo lì, nel campo dell'accompagnamento pro-pomiciata.
Nel 2000 uscì con l'album «Presence humaine», scritto da lui e arrangiato da Bertrand Burgalat: un buon successo «di nicchia».
Houellebecq cantante "confidenziale" Il lato buonista di un cattivo
Lo scrittore francese, dopo l'album «Presence humaine» del 2000, torna alla musica con due brani d'amore. Rischiando di deludere i suoi lettori
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