I baby depressi, imbottiti di pillole

Qualche giorno fa, su queste stese pagine, sono intervenuto a segnalare un rischio che corrono i nostri ragazzi: lasciarsi andare per le strade più facili a scuola, nel lavoro, nel gioco, in casa ecc. Non vigono programmi di collaborazione e di responsabilità: si va dove porta il cuore: e spesso il cuore è un istinto anarchico che non sa dove andare e ciondola di qua e di là pur di arrivare a sera, o al mattino. Ricordo un colloquio con alcuni adolescenti i quali, davanti alla proposta dei docenti di lasciare loro qualche giorno di vacanza in più, quasi si ribellavano, o comunque sbuffavano perché erano richiamati ad una responsabilità, pur liberissima, come l’elaborazione di un programma del tempo libero. Preferiscono il tempo schiavo. Così hanno modo di esprimere la ribellione nei confronti di chi dovrebbe dare delle indicazioni di pensiero e di vita.
Meglio, molto meglio divertirsi contestando ordini o orientamenti. La vita andrebbe inventata sul momento e a un certo punto non si riesce più a trovare materia di invenzione. Oggi si parla molto di bulli che è qualifica nemmeno troppo elegante per dire sfaccendati, che si lasciano portare dalle mode e dal conformismo: dandosi arie di persone che hanno raggiunto una libertà suprema e non si accorgono di essere in fila come oche a seguire chi sta davanti. E se qualcuno punta i piedi per compiere il suo dovere, si aspetti gli sberleffi dei mascalzoni, poiché la disciplina è prigione, mentre è il punto di partenza del gioco e della creatività.
Osservavo qualche giorno fa che spesso la colpa di un certo marasma uggioso e sbadigliante con cui crescono i ragazzi è causato dalla famiglia che ha rinunciato a comandare e a esigere. L’obbedienza non è più una virtù. Semmai, l’obbedienza diventa il pedaggio che i genitori debbono pagare. I ragazzi comandano.
Dopo la famiglia, il capro espiatorio delle indisciplinatezze dei ragazzi lo si identifica nella mancanza di farmaci capaci di placare le ribellioni. In Italia 1 adolescente su 100 è sotto farmaci antidepressivi: almeno 30.000 casi. Scrive il Time: «I bambini inglesi sono malati, i casi di depressione sono in continua crescita». Tra il ’91 e il 2001 il numero di minori a cui sono stati prescritti antidepressivi è cresciuto del 70 per cento. Il Prozac è diventato non soltanto un vezzo, ma quasi un’esigenza. Dopo di che, si spiega come il numero dei suicidi in Europa tra gli adolescenti è quadruplicato: il male di vivere è diventato la malattia più insidiosa anche per i bambini. Niente sforzi a cui sottoporsi. E se uno scolaro non si applica per rendere nello studio quanto potrebbe, il rimedio non è - giustamente - lo scudiscio, ma lo sciroppo ricostituente, la batteria delle pillole, la visita periodica dal medico di famiglia quand’anche dallo specialista in psichiatria.
Sembra si preferisca avere in casa degli imbecilli che dei ragazzi che sappiano soffrire per raggiungere delle mete. Una pasticca verde per il mal di testa, un’altra bianca per digerire facilmente, una violetta per darsi un tono, una rosa per il mal di fegato e poi la batteria dei medicinali per poter dormire senza fatica: senza nemmeno la fatica di posare il capo sul cuscino e liberare la mente da fanfaluche. Così aumenta il numero dei bambini infelici che avvertono proiettate su di loro le ambizioni frustrate dei genitori.
Troppo facile dare la colpa all’ambiente. Giunge puntuale la crisi di identità e l’azzeramento degli ideali. Genitori e medici sono abbastanza generosi nel mettere sul piatto, davanti al pranzo o alla cena, prodotti medici che azzerano o quasi le genialità e le pillole spesso affievoliscono i sintomi del male, ma non ne individuano e curano le cause. I prodotti farmaceutici che spesso obnubilano l’intelligenza sono somministrati anche perché un certo servizio sanitario si rifiuta di impegnarsi su altre strade assai più faticose ed efficaci: studio compreso, sport compreso, e poi qualche scapaccione che, se non lascia segni, aiuta a raddrizzare idee e comportamenti.

Ma se mancano le mete a cui la vita deve tendere, dove ci si deve dirigere e perché camminare? Meglio lasciarsi guidare da ricette non sempre azzeccate. E la morale si aggiusti. C’entra la morale con la medicina? E l’educazione?

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