Genova, piazza De Ferrari. Il centro del centro. In mezzo alla strada centinaia di fedeli islamici pregano sdraiati e rivolti verso la Mecca. Ai quattro lati della piazza le edicole espongono locandine che propagandano un’intervista a un prete gay, a suo modo testimonial del Gay Pride di quest’anno a Genova simpaticamente fissato in concomitanza con il Corpus Domini, giusto per ringraziare la Curia delle aperture alla sfilata. E gli autobus che collegano via XX settembre a via Roma, i salotti commerciali del centro cittadino sfilano allegramente abbinando l’arancione Amt allo slogan: «La cattiva notizia è che Dio non esiste, quella buona è che non ne hai bisogno».
Ora, mi rendo conto che sembra la sceneggiatura di una fiction anticristiana e anticattolica. E nemmeno di ottima qualità, anzi. Il problema è che non è una fiction. Il problema è che tutto questo avviene a due passi da via San Lorenzo e dalla Cattedrale, di fronte alla Curia retta da Angelo Bagnasco che, oltre ad essere cardinale di Genova, è anche il numero uno della Cei, il capo dei vescovi italiani. E il fatto che avvenga sotto le finestre di Bagnasco, che pure è uno che affronta ogni questione aprendosi al dialogo e con estrema tolleranza, è tutto fuorché puramente casuale.
Praticamente, l’attacco alla Chiesa e al suo magistero che avrà il culmine nelle pubblicità sulle fiancate degli autobus, è tutto lì. Racchiuso, perfino geograficamente, nell’arco di duecento metri. A voler largheggiare - mettendoci anche il presepe con la moschea e il parroco del centro storico che spara regolarmente dall’altare contro il Papa, il cardinale e le gerarchie ecclesiastiche in generale - l’attacco alla Chiesa (compreso quello che viene dalla Chiesta stessa) sta tutto in un paio di chilometri.
In un giallo di Agatha Christie saremmo non alla coincidenza che è una coincidenza, non alle due coincidenze che fanno un indizio, ma direttamente alle tre coincidenze che fanno una prova.
Il bersaglio è chiaramente Bagnasco e ciò che Bagnasco rappresenta. I «killer», coloro che sparano l’ultimo metaforico colpo, sono gli uomini dell’Uaar, l’Unione degli atei agnostici razionalisti, che sull’esempio di quanto avvenuto a Washington, a Londra, a Barcellona e a Madrid hanno prenotato spazi pubblicitari su due delle linee principali del capoluogo ligure per due mesi a partire dal 2 febbraio. Raffaele Carcaro, che dell’associazione è il presidente, spiega che la scelta di Genova non è ovviamente casuale e che le posizioni di Bagnasco su scienza, diritti e riproduzione hanno convinto i promotori a scegliere proprio gli autobus genovesi.
Dal canto loro, i responsabili del Comune dicono che ne parleranno con la municipalizzata dei trasporti Amt e la stessa Amt per bocca del suo presidente Bruno Sessarego, si prende un paio di giorni di riflessione, pur non vedendo margini per rifiutare quelle pubblicità in base al contratto con la concessionaria Igp che gestisce i mezzi del capoluogo ligure.
Insomma, da un lato - quello pubblico - la questione è trattata come una storia burocratico-giuridico-contrattualistica. Dall’altro lato, quello della Curia, il direttore dell’Ufficio per il catechismo don Gianfranco Calabrese ricorda la ricerca costante del dialogo da parte di Bagnasco, a cui si risponde con contrapposizione e intolleranza. Ma il punto di fondo, probabilmente, è un altro. Siamo talmente assuefatti alla circostanza che minoranze anche numericamente abbastanza insignificanti come l’Uaar - a cui nessuno nega il diritto di esprimere le proprie posizioni, ci mancherebbe - facciano passare messaggi che ridicolizzano o mettono in dubbio le nostre radici e le basi della nostra civiltà. Senza che nessuno (o quasi) reagisca per difendere la maggioranza.
Senza che abbiamo più nemmeno la capacità di indignarci o di sostenere le nostre fondamenta, dalla famiglia naturale al diritto di avere fede, in una religione diversa da quella islamica.Quello degli autobus rischia di essere solo l’ultimo viaggio di una civiltà che, se va avanti così, arriverà presto al capolinea. Però, con le pubblicità che negano Dio sulle fiancate.
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