Per i caduti nessuna medaglia d’oro

RomaFunerali di Stato sì. Medaglia d’oro al valor militare no. Nessuno dei parà della Folgore, caduti giovedì a Kabul, verrà insignito dell’onorificenza. La legge fascista del 1932, n. 1423, parla chiaro. L’articolo uno recita che «le decorazioni al valor militare sono istituite per esaltare gli atti di eroismo militare...». E fin qui si potrebbe sostenere che anche gli ultimi nostri soldati morti in Afghanistan abbiano compiuto laggiù, quotidianamente, «atti di eroismo».
Ma poi l’articolo tre specifica: «Le decorazioni al valor militare sono concesse a coloro i quali, per compiere un atto di ardimento che avrebbe potuto omettersi senza mancare al dovere e all’onore, abbiano affrontato scientemente, con insigne coraggio e con felice iniziativa, un grave e manifesto rischio personale in imprese belliche...».
In questa norma c’è l’elemento ostativo al «distintivo». Insomma, non basta rischiare la pelle: quello fa parte del mestiere. Lo spiega Gianfranco Paglia, deputato del Pdl, ex ufficiale dei parà, lui sì insignito con la medaglia d’oro dopo la battaglia del Checkpoint Pasta, combattuta a Mogadiscio. «Lì ci fu conflitto a fuoco, a Kabul no». Paglia, durante l’azione, fu colpito da tre pallottole (una al midollo che lo costringe alla sedia a rotelle a vita), mentre cercava di portare in salvo l’equipaggio di uno dei blindati immobilizzati. «Per i caduti ci sarà qualche tipo di riconoscimento, questo sì, ma la medaglia è difficile». Infatti le famiglie dei soldati uccisi hanno diritto a un risarcimento pari a dieci volte lo stipendio di un anno.
Identica la posizione del generale Umberto Rocca che nel ’75, nell’ambito delle indagini sul sequestro di Vittorio Vallarino Gancia, individuò un covo Br vicino ad Acqui Terme. Tentò un’irruzione per liberare l’ostaggio e ci fu battaglia. Medaglia pure per lui. «La legge parla chiaro: dev’esserci un fatto paragonato a un atto di guerra. D’altronde neppure ai caduti di Nassirya è stata riconosciuta». E proprio sui morti in Irak era nato un caso, visto che alcuni familiari delle vittime la medaglia l’avevano pretesa. Da qui, due progetti di legge ora dormienti in Parlamento.

Uno dei firmatari è Gero Grassi, deputato del Pd. Il quale spiega: «Certi ambienti del ministero della Difesa sono da sempre restii. Ma il codice militare è prebellico e sono convinto che vada estesa l’interpretazione della legge».

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