I Democratici nel caos Da Palermo a Genova le primarie scoppiano

Renzi e Gori tirano la volata a Faraone, l’anti-Bersani. Un cavillo può rimettere in corsa la Vincenzi. Faide tra disabili e assistenti in nero: i guai della deputata Pd Argentin

I Democratici nel caos Da Palermo a Genova  le primarie scoppiano

Altro che «Big Bang», il motto dei «rottamatori» alla convention della Leopolda, a Firenze, alla fine dello scorso ottobre. Il vero botto, il Pd, lo sta facendo con le primarie per le prossime amministrative. Da Sud a Nord. Da Palermo a Genova. Nel capoluogo siciliano con il candidato dei «rottamatori», Davide Faraone, che ha chiesto le dimissioni del tesoriere del Pd denunciando che il partito, violando il codice etico, sta sostenendo anche economicamente la candidata promossa dal segretario Pier Luigi Bersani, l’eurodeputata Rita Borsellino.

Nella città della Lanterna con un pasticcio che rischia di annullare la vittoria conquistata da Marco Doria o addirittura di vedere in corsa per la poltrona sia Doria sia il sindaco uscente silurato dalle primarie, Marta Vincenzi. Sì, perché, come ha raccontato Italia Oggi, a norma di statuto, anzi, ironia della sorte, per l’articolo 18 dello statuto del Pd, le primarie, a Genova, non s’avevano da fare: doveva essere fatta una scrematura preliminare delle candidature, perché si stava candidando il sindaco uscente.

Una grana dopo l’altra, per Bersani. Ieri, a «rottamare» il segretario, ricordandogli che le regole vanno rispettate, è stato il leader dei rottamatori e sindaco di Firenze Matteo Renzi, che ha partecipato alla convention promossa da Faraone insieme al suo spin doctor, Giorgio Gori. Quest’ultimo ha rivelato di essere «palermitano da un mese» perché dà una mano («non mandato da Renzi», è stata l’excusatio non petita) al rottamatore Faraone, candidato anti-Bersani. Renzi, a Bersani, non le ha mandate a dire: «Le primarie – ha dichiarato prima di salire sul palco – servono a decidere il candidato migliore, il partito le organizza e non finanzia la campagna elettorale dell’uno o dell’altro candidato».

Quindi, dal palco: «La polemica sul finanziamento non è fine a se stessa. Il problema è che i candidati devono essere tutti alla pari, il problema è che si tratta di soldi pubblici. Le primarie si possono perdere, ma non si può perdere la faccia». E, caso Faraone a parte, il Pd a Palermo la faccia l’ha già persa. Tre candidati: Faraone, tesserato Pd non sostenuto dal Pd; Rita Borsellino, niente tessera Pd, appoggiata da Pd, Sel e Idv (stoccata di Renzi: «Non si può fare la candidata della società civile con le burocrazie dei partiti dietro...»); l’ex Idv Fabrizio Ferrandelli, sponsorizzato dall’area Pd che in Sicilia è alleata con Terzo polo e Mpa di Lombardo.

Il nuovo caso, quello di Genova, rischia invece di ipotecare la vittoria della sinistra in una roccaforte rossa per antonomasia qual è la città della Lanterna.

A norma di statuto le primarie avrebbero potuto farsi solo se, all’interno del partito, fossero emerse altre candidature sostenute dal 30% dei componenti dell’assemblea. Ma lo screening non è avvenuto. E la Vincenzi, che non ha smantellato i suoi comitati, ora potrebbe correre da sola.

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