Andrea Tornielli
A qualcuno oggi fa comodo chiamarlo soltanto «pasticciere di regime». Eppure il messinese Sergio Billè, classe 1947, avvocato con la vocazione dolciaria, da almeno tre lustri è uno dei protagonisti della vita politico-imprenditoriale del Paese. Ne sono passati molti di anni da quando Billè, titolare di una famosa pasticceria di piazza Cairoli nella città dello Stretto, collezionava cariche su cariche (dalla presidenza della Camera di Commercio a quella della Federazione regionale commercio e turismo della Sicilia fino alla guida della Fipe, la Federazione pubblici esercizi) e i suoi mitici cannoli di ricotta non mancavano mai nei rinfreschi organizzati a Messina e dintorni da qualsivoglia ente pubblico. Si favoleggia pure che negli anni ruggenti di Ciriaco De Mita, «lamico Sergio» spedisse a Nusco, il giorno del compleanno del politico democristiano, un furgone carico di gelato alla gianduia. Nel settembre 1982 e quindi nel marzo 1983, quando è già ben conosciuto nella sua città e in Sicilia, ma non ancora a livello nazionale, Billè subisce un paio di attentati intimidatori da parte della criminalità organizzata. È lo scotto per limpegno contro il racket profuso con le sue associazioni. Già da presidente della Fipe fa parlare di sé e interviene su quasi tutti i temi del panorama nazionale: denuncia il traffico di materiale atomico e il controllo della prostituzione gestito dalla mafia russa, propone «atolli rigeneratori» dellacqua marina da montare e smontare in pochissime ore per arginare lemergenza-alghe nellAdriatico, critica la «strategia del sospetto» con la quale lallora ministro Rino Formica avrebbe calcolato in 300mila miliardi larea dellevasione fiscale.
Il 20 giugno 1995 viene eletto per la prima volta presidente della Confcommercio: ora non si dedica più ad imbandire con le sue squisitezze i buffet di Asl, Comuni ed enti vari, ma arriva a Roma forte di calcoli virtuali che gli attribuiscono il controllo di ben quattro milioni di voti. Fin dallinizio ci tiene a distinguersi da Confindustria, da quei «poteri forti» che lo considerano un parvenu del cannolo alla ricotta. Nel settembre di quello stesso anno accusa gli industriali di «rincarare i listini» mentre rivendica ai commercianti il merito di «frenare» sullaumento dei prezzi. Un mese dopo se la prende pubblicamente con Cesare Romiti, lamministratore delegato della Fiat, «reo» di aver definito il Sud unarea degradata dove il mercato sarebbe praticamente scomparso: «Non è forse vero - risponde il pasticcere di Messina emigrato in piazza Belli a Roma - che in tutti questi anni è stata proprio la Fiat a fare nel Sud i propri affari e, per giunta, con i soldi dello Stato?».
Invoca programmi politici trasparenti, chiede un governo che dica pane al pane e vino al vino. Lui, che dimpasti ne sa qualcosa, boccia senza appello «le pastette politiche che poi non consentono agli elettori di fare vere scelte che abbiano valenza strategica». Anche se è il fornitore ufficiale di gelato dellex potente Ciriaco di Nusco, il suo cuore sembra battere per il maggioritario: o di qua, o di là.
Critica il governo Dini, ma è con lavvento di Prodi che dà il meglio di sé nella battaglia: chiede la sospensione delleurotassa, organizza un viaggio in autobus per lItalia contro la riforma del commercio del ministro Bersani dichiarando senza mezzi termini che «contiene idiozie», definisce il «riccometro» uno «scandalo vergognoso che divide lItalia in cittadini di seria A e cittadini di serie B». Bersani, dal canto suo, cerca di ignorarlo. «Le grida così alte come quelle di Sergio Billè - dice - non mi entrano nellorecchio».
Lex «pasticcere di regime» non rifugge da un linguaggio immaginifico e talvolta un tantino caricato. Come quando, nel novembre 1996, per descrivere lo sconcerto dei commercianti di fronte alla Finanziaria di Prodi, afferma che «vi è un limite allolocausto». Nel luglio dellanno successivo, un altro paragone simile: «Lesecutivo del Professore deve evitare un vero e proprio genocidio imprenditoriale». Non disdegna di citare romanzieri come Mario Puzo, autore della saga del Padrino, per dire che i commercianti «andranno ai materassi», vale a dire che sono pronti a salire sulle barricate. Da sempre grande sostenitore del ponte sullo Stretto, nellottobre 1998 ne realizza uno virtuale con unapparecchiatura a raggi laser: «È una realtà che deve finire di essere sogno», dice. Memorabile è lassemblea dellaprile 2001, quando lascia al Cavaliere in corsa per le Politiche il palcoscenico dellassemblea della Confcommercio e dopo una performance lunga unora e mezza del futuro premier, Billè gli offre «dei cannoli siciliani energetici». Berlusconi accetta volentieri perché, scherza, è abituato «ai cannoni della sinistra» e dunque il cambio gli piace.
Presenzialista convinto, ospite gradito nel salotto di Porta a Porta, è oggi accusato di aver creato un «fondo del presidente» della Confcommercio e di averlo usato a suo piacimento, per affari sul filo del rasoio con lamico Stefano Ricucci, il marito di Anna Falchi.
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