I disastri del maggioritario

Da 15 anni c'è un gruppo di politologi che con le loro teorie sull'assetto del sistema politico italiano hanno messo il Paese in brache di tela. Per essere più precisi questo gruppo ha offerto una presunta dignità culturale e ciò che avvenne negli anni '92-94 con l'aggressione giudiziaria ai partiti che avevano inserito l'Italia nel novero delle grandi democrazie industriali, consegnando il governo del Paese agli sconfitti della storia. Di questo gruppo, però, tutto si può dire tranne che non abbia cultura e professionalità da vendere per cui è d'obbligo sospettare che esso si sia messo, volontariamente o in perfetta buona fede, al servizio di un disegno di potere.
Punta di diamante di questa autorevole cordata è il professor Angelo Panebianco che in un editoriale dell'altro giorno sul Corriere della Sera ha cercato di mettere insieme tutto e il contrario di tutto invece di riconoscere gli errori propri e quelli di larga parte dei suoi colleghi dinanzi al disastro in cui versa il Paese. Panebianco si è finalmente accorto che il cosiddetto bipolarismo, introdotto con il sistema maggioritario, obbliga ciascuna coalizione a imbarcare di tutto e di più per poter vincere le elezioni ed ottenere il premio di maggioranza. Così facendo si vince ma non si governa.
Di qui la nuova ma eterna ricetta miracolistica che ha già prodotto guasti inenarrabili nei primi anni Novanta, e cioè il referendum sulla legge elettorale. Argomenta il Professor Panebianco che con la vittoria nel nuovo referendum che trasferisce il premio di maggioranza dalla coalizione alla lista più votata (la lista, si badi bene, non ad un partito) il futuro Partito democratico potrebbe rinunciare ad imbarcare nella propria lista la sinistra radicale che peraltro difficilmente accetterebbe di intrupparsi. La stessa cosa avverrebbe nel centrodestra con la Lega.
Non sappiamo quale sia lo spirito folletto che suggerisce scenari onirici di questo tipo al Professor Panebianco che dimentica come nel 2001 la sinistra radicale concordò con i Ds, Margherita e Udeur le candidature nei collegi uninominali per cui Rifondazione votava Mastella e Mastella votava Bertinotti, così come Bossi votava Fini e viceversa. Potremmo fermarci anche qui per dire che Panebianco fa del suo desiderio il padrone della ragione. Ma c'è qualcosa di più profondo che contrasta in radice le previsioni di Panebianco e di altri autorevoli suoi colleghi. In quale democrazia occidentale c'è l'istituto del «premio di maggioranza» previsto dalla legge elettorale in vigore e accentuata dal nuovo referendum per cui un partito prende più parlamentari di quanti glie ne toccherebbero per i consensi ricevuti? In nessuna. L'unico precedente è la legge Acerbo di mussoliniana memoria.
In quale democrazia occidentale le alleanze tra forze politiche non vengono fatte in un libero Parlamento ma nella cabina elettorale, precostituendo, così, coalizioni rigide in cui necessariamente le estreme hanno una posizione di rendita assicurata? In nessuna. Ed ancora, il sistema elettorale non è una sorta di macchina fotografica che rileva le opzioni politiche presenti in un Paese? Se così è, ed è così, il sistema maggioritario può funzionare solo nelle società che hanno nella propria storia due opzioni politiche come nel caso degli Usa, ma non potrà mai attecchire in presenza di più scelte politiche sedimentate nel corso della storia di un Paese. Quando si tenta di farlo, come nel caso italiano nel '93, il disastro è assicurato come è costretto ad ammettere lo stesso Panebianco.
L'argomento principe usato dal Professore per salvare questo bipolarismo straccione che unisce chi insieme non può stare e divide chi può insieme governare è l'alternanza dei partiti al governo del Paese. Ma in Germania, in Spagna e in tanti altri Paesi europei che hanno un sistema proporzionale e più opzioni politiche non c'è da decenni un'alternanza di governo e di coalizioni? Davvero nelle università italiane si insegna che un partito di massa non è frutto della politica ma di un sistema elettorale incentrato sul premio di maggioranza? La scelta di Berlusconi, di Casini, di Mastella, di larga parte del futuro Partito democratico e della Lega a favore del sistema tedesco può garantire al Paese finalmente di voltar pagina e di europeizzarsi lasciando da parte gli americani e le loro istituzioni.
Infine un'ultima osservazione. In tutti i grandi Paesi europei i primi due partiti raccolgono ciascuno il 38-42 per cento dei consensi mentre in Italia ciò è stato possibile solo nella Prima Repubblica. Noi sappiamo il perché, ma essendo studenti timidi vorremmo conoscere il parere di autorevoli professori su questa anomalia italiana.

Non vorremmo che la differenza alla fin fine, stesse in una nostra antiquata concezione democratica del governo del Paese opposta a quella elitaria che spaccia per modernità il ruolo egemone del cosiddetto establishment intrecciato nel corto circuito finanza-informazione.
Geronimo
ilgeronimo@tiscali.it

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