Pietro Mancini
Caro Direttore, vorrei consigliarti di leggere, se ti è sfuggito, l'editoriale, in prima pagina, su l'Unità del 6 aprile scorso, firmato dall'ex direttore di quel giornale e attuale senatore diessino, Furio Colombo, intitolato: «Il caso del GR3, piccolo malaffare». Dove il malfattore sarei, a giudizio di Colombo, proprio io, responsabile, dal 1998, della pagina politica dell'edizione mattutina del GR3. Il mio nome non viene, esplicitamente, citato, ma ci si riferisce, chiaramente, al mio lavoro e alle mie interviste, molto ascoltate dai politici e dai giornalisti. Vengo, astiosamente, attaccato, tra l'altro, per essermi «permesso» di intervistare la azzurra on. Prestigiacomo e di non averle fatto la domanda sul famoso epiteto, pronunciato il giorno prima dal presidente Berlusconi: «Coglioni». Sono definito, dal parlamentare post-comunista, «un intervistatore un po' più schierato di Bondi» e «giornalista festosamente berlusconiano».
Inoltre, Colombo mi attacca per aver intervistato, dopo la bella e brava Stefania, un deputato di Rifondazione, Franco Giordano, con il bieco fine di «mettere bene in luce il fiele, nell'Unione, dei comunisti radicali». Qui, però, l'attempato senatore si è sbagliato: Giordano non l'ho sentito io, ma una brava collega della redazione politica del Giornale Radio. Caro Direttore, i miei maestri politici, soprattutto mio padre, Giacomo Mancini, mi hanno insegnato a non essere eccessivamente serioso, a cercare, talvolta, di sorridere e di non drammatizzare, mai, gli attacchi politici e le accuse. Ma la chiusa del fondo di Colombo è molto preoccupante e minacciosa, e mi ha spinto a parlartene e a informarne i lettori del Giornale. In pratica, l'editorialista dell'Unità, con un linguaggio tortuoso e allusivo, minaccia immediate epurazioni contro i (pochi) giornalisti della Rai non allineati con Prodi e chiede ai capi del centrosinistra di «liberarci subito del conflitto di interessi», che, a suo avviso, renderebbe tanti giornalisti «succubi e pieghevoli». Non so se il mio spazio radiofonico verrà chiuso e se il diktat di Colombo verrà accolto. A Colombo, ironicamente, potrei rispondere, come fece il prof. Cacciari al mio amico De Michelis, dopo che Gianni lo aveva invitato a iscriversi al Psi di Craxi: «Grazie, compagno, ma sono ricco di famiglia!....». Anch'io mi sento ricco, non materialmente, ma intellettualmente, certo di più del giornalista Colombo, «embedded», a tempo pieno, con l'ala giustizialista e fieramente anti-berlusconiana della Quercia.
Posso, quindi, permettermi, fortunatamente, al contrario di molti miei colleghi più giovani, che in questi giorni vedo in Rai molto tesi e preoccupati, di fregarmene delle minacce e delle intimidazioni. Ma la vicenda, come tu comprenderai, va al di là della mia persona e del mio lavoro al GR3, che sinora mi è stato concesso di fare in libertà, prima da Ruffini e poi da Socillo, e con obiettività.
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