I Ds in trincea attaccano giornali, Pm e alleati

Al centro degli affari del «Cuccia rosso» una società immobiliare: la Teti finanziaria

Laura Cesaretti

da Roma

«Siamo sotto attacco», ha spiegato ieri sera il leader della Quercia Piero Fassino ai militanti della sezione ds del Tufello. «La vicenda bancaria Unipol viene usata strumentalmente per un attacco nei nostri confronti, per attribuirci responsabilità che il nostro partito non ha».
Nessuna polemica diretta con la Margherita di Francesco Rutelli, compagno di listone ulivista (e di futuro «partito democratico») ma schierato dall’altra parte della barricata nella grande partita delle scalate aperta da quest’estate: Fassino preferisce prendersela con la Cdl, perché «è la destra che ricorre a qualsiasi mezzo pur di piegarci e sconfiggerci». E però un saggio degli umori che circolano nel partito lo dava il segretario della sezione diessina, che lamentava: «Alcuni alleati ci trattano troppo violentemente sui giornali».
Già: i giornali, e gli alleati (si parla di Rutelli, si parla meno ma si pensa molto anche a Prodi), e i «poteri forti» del «salotto buono», e persino i magistrati. Sono loro le bestie nere degli sfoghi e dei conciliaboli ds nel giorno della bufera sul conto corrente di Massimo D’Alema alla Bpi, con cui paga il leasing della barca.
Contro i giornali si scaglia la Velina Rossa di Pasquale Laurito, che accusa «alcuni direttori che si sentono profeti» (pensando a Corriere e Repubblica) di arrivare «fino al punto di indicare quali siano i partiti da far nascere (quello democratico, ndr) o da far chiudere (la Quercia, ndr)». Ma - avverte il foglio storicamente vicino a D’Alema - «attualmente gli auspici per il nuovo partito democratico non sono edificanti». Il dalemiano Salvatore Buglio spiega più o meno la stessa cosa, in altri termini: «I poteri forti hanno lanciato un’Opa ostile sul partito democratico, per far arrivare noi ds nudi a quell’appuntamento: senza sindacati, senza cooperative, figurarsi banche...».
Fa effetto sentire una deputata ds indignarsi perché «siamo nelle mani di magistrati come quella che ha lasciato a piede libero dei terroristi internazionali, figuriamoci!». Ds «sotto attacco», qualcuno usa la parola «complotto» ma i più cercano di evitarla. E però il quadro evocato è sempre quello: «L’obiettivo della campagna che si è aperta da quest’estate non sono mai state le coop, l’Unipol, Consorte: siamo sempre stati noi, il principale partito italiano», dice il torinese Mimmo Lucà, membro della segreteria della Quercia. Secondo il quale è stata costruita «un’invereconda manovra di discredito premeditato nei nostri confronti, ma si rivelerà fondata sulla sabbia, sul nulla».
Si soffre, in casa diessina, e a metter sale sulle ferite c’è persino la solidarietà di Forza Italia, che tocca ingoiare. La offre Fabrizio Cicchitto, denunciando il «gioco al massacro» contro «Valentino, Calderoli e D’Alema». La ribadisce il parlamentare (e avvocato di Berlusconi) Niccolò Ghedini: «Valentino, Calderoli e D’Alema sono stati offerti al pubblico con una tecnica di delegittimazione anticipata, è l’imbarbarimento della vita politica». Al Botteghino si mastica amaro: «Solidarietà? È una scoperta provocazione, provano a mettere noi sullo stesso piano dei loro. Ma non ci stiamo».
La linea difensiva della Quercia la traccia uno che se ne intende come l’ex magistrato Luciano Violante, oggi capogruppo dei ds alla Camera (che due giorni fa ha rivelato di aver incontrato Fiorani durante la discussione del ddl sul risparmio, assicurando di non aver offerto alcuna sponda alla sua probabile «azione di lobbying»). «C'è un conto corrente - osserva Violante - presso una banca non scelta da D'Alema, sono state regolarmente pagate delle rate, con tassi di interesse standard. A questo punto dovremmo criminalizzare tutti gli italiani che hanno un conto nella Bpi, ma scherziamo?».
C’è poca voglia di scherzare, però.

È indignato Tonino Soda, parlamentare emiliano e avvocato: «È indegno che giornali come il Corriere abbiano costruito un’intera pagina su una non notizia. È la cultura del sospetto, spaventosa». Una cultura contro la quale lui si scagliava anche ai tempi di Tangentopoli, quando di mezzo non c’erano certo i ds. «E però - constata - fui lasciato solo, solissimo».

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