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I dubbi di Monti fino all’ultimo Colle in pressing: tempo scaduto

Premier a un passo dalla rinuncia nel faccia a faccia di due ore con Napolitano. Poi le scelte: niente partiti nell’esecutivo e ministero dell’Economia ad interim

I dubbi di Monti fino all’ultimo  Colle in pressing: tempo scaduto

Roma Due ore e mezzo in sala parto, tra dubbi, incertezze, complicazioni varie e serie minacce d’aborto. Finché il primario non decide di aprire. «Non possiamo più aspettare», dice Giorgio Napolitano, il tempo è scaduto e il quadro generale «rischia di sfilacciarsi». Bisturi, e Mario I nasce con il cesareo. La metafora ostetrica appartiene allo stesso Monti: dopo «gestazione», più lunga di quanto programmato, il suo governo viene al mondo senza politici nella squadra.

Il bambino è più gracile del previsto e senza anticorpi, esposto ai venti parlamentari. Ma intanto è nato. Non sarà una Grosse Koalition con i partiti, nelle larghe intese non ci saranno Pdl e Pd, bensì Bocconi, Cattolica, Luiss e Terza università. Ma intanto il professore è a Palazzo Chigi con il via libera di centrodestra e centrosinistra. «É stata dura - spiega il capo dello Stato - delicata e difficile, ma siamo riusciti, spero, a formare un esecutivo in grado di trovare le soluzioni più idonee per il Paese. Sono ottimista, vedo già un clima più disteso, presto avremo segnali positivi dell’Europa».

Via la Pomodoro, sotto con la Severino. Fuori Mosca Moschini, dentro Di Paola. E Giarda, che vuole un ministero, dove lo mettiamo Giarda? Questi però sono dettagli, sono le tipiche schermaglie sulla lista che accompagnano ogni nuovo governo. Il problema vero, la difficoltà che fa tentennare Monti fino all’ultimo, è il niet dei partiti che non vogliono metterci la faccia. Soprattutto il Pd. Niente Letta, niente Amato: nemmeno l’ultima notte di trattativa riesce a fornire al presidente incaricato la sua «assicurazione parlamentare». Quando arriva sul Colle, alle 11 del mattino, appare piuttosto teso, quasi sfiduciato. Sa che davanti a lui c’è un terreno scivoloso ed è fermamente convinto della necessità di irrobustire l’esecutivo con delle personalità politiche. Sa pure che, una volta a Palazzo Chigi, avrà bisogno di tempo e consenso per delle misure fatalmente impopolari. E sa che presto verrà trasformato in un parafulmine dai partiti.

E allora, faccia a faccia con Napolitano, si interroga ancora una volta sulla difficoltà dell’impresa: tra i partiti non c’è la pace ma solo una fragile tregua. Il professore non lo dice, ma sembra quasi sul punto di mollare e ci deve pensare il capo dello Stato a dargli la spinta decisiva: politici o non politici, gli dice, il governo deve nascere. Adesso o mai più.

Così eccolo all’una e mezzo, sotto gli affreschi della settecentesca Loggia d’Onore, mentre snocciola la sua squadra facendo di necessità virtù. Due ore e mezzo, perché? Nessuna incertezza, nessun ripensamento. «Il tempo necessario - risponde un po’ freudianamente - per il convincimento mio e per la mia esposizione al capo dello Stato. Ad esempio, del fatto che in questo momento la delega dell’Economia appartenga a competenze del presidente».
E nemmeno la rinuncia a Letta e Amato, da lui stesso fortemente voluti, assicura, sarà un problema. Anzi. «Sono arrivato alla conclusione che la non presenza di politici nel governo, piuttosto che ostacolare un solido radicamento dell’esecutivo in Parlamento, lo agevolerà». Mancherà l’ancoraggio? Pazienza. «Le forze politiche hanno manifestato, uscendo da una fase dialettica molto vivace, la preferenza a sostenere questo governo senza farne parte con dei loro esponenti».

Sarà quindi un gabinetto più debole? Non è detto: «La blindatura di un governo dipende dalla sua capacità di agire e di spiegare alle Camere la portata della sua azione».
Insomma, SuperMario non condivide ma capisce. Comprende la difficoltà dei due poli, che si sono scannati fino a ieri, a dividere gli scranni. «La nascita di un governo tecnico toglierà un motivo di imbarazzo ma la sua forza innovativa riflette la convinzione dei partiti che si tratti di un momento straordinario. Speriamo di contribuire al rasserenamento».

Monti spera anche di non incappare in qualche imboscata. Certo un Giuliano Amato agli Esteri gli avrebbe fatto comodo, per rassicurare europei e americani. E Gianni Letta gli avrebbe spianato i rapporti con il Cav, a cui concede ben più che l’onore delle armi, elogiandolo «con rispetto e attenzione per l’opera da lui compiuta». Ma tant’è. Amato è rimasto un sogno, di Letta c’è qualche traccia nel «particolare ringraziamento» di Napolitano e, forse, in Antonio Catricalà, sottosegretario alla presidenza. Ufficialmente il Mario I gode di una maggioranza schiacciante, in realtà i voti dovrà trovarli volta per volta.

Già oggi.

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