I faziosi dell’ingegneria genetica

Nei decenni che ci attendono, due problemi decisivi per le sorti della nostra vita ridefiniranno gli orientamenti politici e culturali delle società: l’ambiente e l’ingegneria genetica. Oggi ci accorgiamo che il modo in cui essi vengono affrontati ricalca le vecchie ideologie, come se gli schieramenti «destra-sinistra» fossero attrezzature adatte per la soluzione di questioni che sono nate e si sviluppano al di fuori di quelle ideologie.
Il Partito dei verdi, che dovrebbe essere la sentinella delle problematiche ambientaliste, svolgendo un ruolo esterno alle attuali divisioni politiche, è una piccola e ininfluente appendice della sinistra. La sua impotenza si rispecchia nell’incapacità di prendere decisioni fondamentali, come nell’attuale emergenza per gli incendi, accontentandosi di dire no alle iniziative di modernizzazione del Paese. Mi sembra evidente che proprio questo rapporto tra modernizzazione e conservazione delle realtà naturali, tra incremento della produzione industriale e salvaguardia della salute sia una questione non risolvibile con la cultura ottocentesca «destra-sinistra».
Sull’ingegneria genetica abbiamo avuto in questa settimana una straordinaria esibizione di faziosità grazie a una trasmissione della Rai, che sarebbe da archiviare (dopo la comprensibile indignazione) tra le testimonianze di ignoranza del giornalismo televisivo, se non fosse che il problema è drammatico. Drammatico perché coinvolge un numero sempre maggiore di persone, che devono avere una corretta informazione, drammatico perché tocca, come detto, uno dei problemi decisivi per la società a venire.
Il filosofo tedesco Jürgen Habermas, l’ultimo grande pensatore occidentale di formazione marxista (anche se lui rigorosamente rifiuta di essere definito un marxista) ha scritto recentemente un libro sulle questioni relative all’ingegneria genetica. Seguendo vecchi schemi culturali, le tesi del filosofo possono tranquillamente essere definite di destra, per esempio quando egli sostiene che è un errore considerare l’embrione pura materia e non vita da rispettare, o quando denuncia la pericolosità (da un punto di vista filosofico) di analizzare la qualità dell’embrione prima dell’impianto nell’utero.
Problemi filosofici, prima ancora che medici: coinvolgono la nostra idea della vita, la visione di società futura da costruire, la stessa struttura familiare. Problemi che l’ideologia «destra-sinistra» è lontana anni luce dal poter affrontare e che invece il filosofo Habermas cerca con grande cautela e senso di responsabilità di delineare laicamente, lasciando da parte la fede religiosa.
Si consideri soltanto una delle numerose questioni aperte dalla fecondazione assistita.
Il buonsenso suggerisce che prima dell’impianto nell’utero di un embrione si verifichi se esso non sia malato. Perché la donna, dopo tanta fatica patita per rimanere incinta con la fecondazione assistita, dovrebbe abortire se con l’amniocentesi al quarto mese di gravidanza scopre che il feto è affetto dalla sindrome di Down? Non è meglio prevenire e analizzare la qualità dell’embrione prima dell’impianto?
Non è più che sensato rispondere affermativamente a questa domanda?
Ma ora ci si può anche chiedere (così, per esempio, si interroga il filosofo Habermas) dove termina l’analisi dell’embrione e se questa analisi non apre a una eugenetica con evidenti implicazioni razziste: l’analisi della qualità dell’embrione non era forse vagheggiata dai nazisti per la generazione di una razza pura?
Ma allora come si può trovare un accordo tra il sensato e umano desiderio di due genitori che vogliono semplicemente un figlio sano e l’autonomia della ricerca scientifica che può procedere indiscriminatamente alla selezione degli embrioni aprendosi pericolosamente a istanze razziste?
La politica dovrà affrontare questi problemi con una nuova cultura attenta alla scienza e alla filosofia, all’etica laica e ai sentimenti religiosi della propria società.

Ed è demenziale informare la gente su tali questioni senza le necessarie cautele e sensibilità richieste dalla complessità della materia, pensando di risolvere tutto con la spada dell’idiozia che divide in destra e sinistra le soluzioni dei problemi.
Stefano Zecchi

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