I fedelissimi lanciano la sfida nel feudo del Cav

Milano Un convegno a Milano per far dispetto a Berlusconi. E a chi nel Pdl, magari anche arrivando da An, ha scelto di rimanere con lui. Uno schiaffo ancor più doloroso perché sferrato nella sua città, deve aver pensato Gianfranco Fini accomodato in uno dei suoi tanti pensatoi di cui si è ormai perso il conto. E che passano il tempo a disegnare quella che i fedelissimi del presidente della Camera e chi lo lusinga (magari a sinistra) amano definire la «destra moderna ed europea» e di cui Fini si è autonominato motore immobile. Roba che l’italiano medio nemmeno capisce di che si parli. O che l’elettore di centrodestra fatica a riconoscere nel programma per cui ha votato alle ultime elezioni. Irriconoscibile, peggio della moglie sposata trent’anni fa. Solo che la moglie alla fine bene o male è sempre quella, la destra di Fini (dopo Fronte della gioventù, Msi, Elefantino, «Mussolini grande statista», «fascismo male assoluto», An, Pdl, post Pdl, «porte aperte agli immigrati e coppie di fatto») è ormai un’idra dalle mille teste. Inafferrabile come il mostro della mitologia a cui tagliata una testa, ne spuntavano altre due. Nuove di zecca.
Un convegno per Fini a Milano, dunque, che nelle intenzioni (come sempre non dichiarate) degli organizzatori dovrebbe rimescolare il ventre molle della destra lombarda e di tutto il Nord. Ma che, ad ascoltare un politico di lungo corso, sarà l’ennesimo flop della strategia suicida dell’ex leder di An. «Magari riempiranno la sala - assicura -, ma solo di curiosi. Di giornalisti e gente andata lì a cercar di capire che fine farà questo folle tentativo di fare a pezzi il centrodestra». L’ultima volta non andò per niente bene. Era il 27 febbraio e «Libertiamo», creatura dell’ex radicale oggi pdl Benedetto Della Vedova, organizzò a Milano una tavola rotonda. «Placata la bufera, torniamo al libero mercato», ma ad accogliere Fini (nonostante non si fosse ancora esibito nello strappo con Berlusconi) non c’era proprio nessun dirigente. Né del Pdl, ma nemmeno ex di An. Brutto segno per un leader ormai già troppo lontano anche dai suoi. Ora il nuovo tentativo. L’appuntamento è per giovedì 27 maggio negli spazi vasti della Fiera di Rho-Pero. Proprio lì dove, racconta un colonnello lombardo del centrodestra, a dargli una mano potrebbe essere Ferruccio Ferranti, consigliere delegato di Sviluppo sistema Fiera e molto legato al ministro Andrea Ronchi. E dunque a Fini. Un appuntamento per marcare il territorio. Magari sotto le insegne di «Generazione Italia», l’ultima nata nella galassia finiana. Soprattutto dopo che a Milano il coordinatore nazionale del Pdl Ignazio La Russa qualche domenica fa ha fatto il pienone riunendo all’Auditorium deputati, senatori ed eletti per dar vita alla Nostra destra nel Pdl. C’erano tutti. «Non una corrente - spiegò il ministro - ma un’area di pensiero interna al partito. Per farlo crescere e sempre fedeli al progetto di Berlusconi». Ora Fini vuol marcare il territorio. Nemmeno la politica fosse una partita di Risiko con le truppe da spostare in casa del nemico. Il problema è che Fini a Milano ha più colonnelli che soldati. Oddio, anche quelli con i gradi addosso non sono più di un pugno e le battaglie, si sa, si vincono con le truppe. E, infatti, anche ieri la scelta dei responsabili regionali nominati dal comitato nazionale di Generazione Italia non ha riservato nessuna sorpresa.

In Lombardia saranno l’europarlamentare Cristiana Muscardini, il senatore Giuseppe Valditara, l’ex deputato e oggi assessore alla Salute del Comune di Milano Giampaolo Landi di Chiavenna, l’ex radicale Benedetto Della Vedova e l’ex deputato di An Alberto Arrighi poi passato alla Destra di Francesco Storace. In Lombardia sono in cinque. Almeno fino alla prossima conta.

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