RomaCerca di mettere da parte lemotività, Silvio Berlusconi, e di ragionare a sangue freddo. Lo fa con i vertici del partito ad Arcore, dove per tutto il giorno sfilano molti big del Pdl: i ministri Frattini e Gelmini, il consigliere giuridico Ghedini, il coordinatore del Pdl Verdini e il capogruppo alla Camera Cicchitto. Lo fa durante il summit in serata con lo stato maggiore della Lega composto dal leader Bossi, dai ministri Maroni e Calderoli, dal capogruppo a Montecitorio Marco Reguzzoni e dal governatore piemontese Roberto Cota. Un incontro dove il Carroccio ribadisce la propria posizione ante patto di villa Campari: elezioni subito. Calendario alla mano, i leghisti propongono addirittura una data: il 27-28 novembre.
Non è un mistero che il Senatùr abbia sempre pressato il premier per andare al voto subito. Ma quasi tutti gli interlocutori del Cavaliere lo avrebbero frenato. La linea sarebbe la seguente: andare avanti con i cinque punti del programma e vedere se effettivamente i finiani saranno leali oppure no. Insomma, basta con il logoramento. E se rottura sarà, la responsabilità deve ricadere esclusivamente su Fini.
Il voto immediato, ricordano molti dirigenti pidiellini a Berlusconi, conviene soltanto a Bossi che farebbe il pieno al nord anche a scapito del Pdl. Inoltre cè il rischio che in Senato non si abbia una maggioranza solida. Meglio aspettare, quindi. Poi cè laltra incognita: siamo così sicuri che il capo dello Stato, aperta la crisi, sciolga le Camere e ridia la parola agli italiani? A molti non è sfuggito un passaggio del comizio di Fini a Mirabello: quello sulla necessità di modificare la legge elettorale. Un tema, questo, su cui convergono le volontà di tutte le opposizioni, inclusa Futuro e libertà. Il timore è che proprio sul colpo di bianchetto dellattuale Porcellum si possa partorire il ribaltone, mascherato da governo tecnico. Attualmente alla Camera ci sarebbero i numeri, al Senato no. Ma se, come sostengono i finiani, le truppe di Fli dovessero ingrossarsi grazie a qualche scontento del Pdl? Altro tema che rema contro lo scioglimento delle Camere: i deputati di prima e seconda nomina, di tutti gli schieramenti politici, non maturerebbero la pensione qualora la legislatura non arrivasse alla scadenza naturale. E questa sarebbe una molla per spingere qualche onorevole a fare il salto della quaglia in un gruppo parlamentare impegnato a tenere in vita questo Parlamento.
Queste le leve per frenare la voglia di urne del Carroccio. Con una assicurazione al Senatùr: al primo incidente in Aula sarà crisi per davvero e richiesta di urne. Ma il premier frena in virtù, anche, di un lungo colloquio con le due super colombe finiane Silvano Moffa e Pasquale Viespoli. Un confronto fortemente sponsorizzato dal pontiere pidiellino ex An Andrea Augello. I due avrebbero cercato di rassicurare il premier che le loro intenzioni non sono affatto bellicose, nonostante i toni di Fini a Montebello. Moffa e Viespoli avrebbero tranquillizzato il Cavaliere, minimizzando le bordate di Gianfranco e sostenendo che la ragione delle stesse vada ricercata nel fatto che quello di domenica era un comizio.
Soltanto un comizio. Poi avrebbero cercato riempire di contenuti le perplessità finiane sui cinque punti su cui il premier chiederà la fiducia nelle prossime settimane. Argomenti tutti politici, finiti in secondo piano nellarringa del leader del Fli domenica scorsa. Fisco, federalismo, sud, sicurezza e anche, e soprattutto, giustizia. I due finiani gli avrebbero prospettato una via duscita alternativa rispetto alla norma transitoria del processo breve che avrebbe come controindicazione quella di sbattere contro le perplessità del Quirinale. Il ragionamento del duo sarebbe stato: Silvio, fidati di noi. Non vogliamo logorarti, non vogliamo tradire gli elettori, saremo fedeli al governo, non stiamo lavorando per farti cadere.
Berlusconi ascolta, medita, replica.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.