I finti liberali al governo: ecco chi sono

Egidio Sterpa

Guardiamo con schiettezza liberale a questa brutta storia della Telecom. Il punto non è se Tronchetti Provera sia stato in questa faccenda più o meno bravo come imprenditore. Questo è un affare che riguarda il mercato, che è giudice impietoso con leggi esemplari da secoli. Qui la questione si pone in termini squisitamente e gravemente politici.
Primo quesito: che diritto aveva Prodi - come presidente del Consiglio - di esprimere pubblicamente, con toni sconvenienti e senza stile, un rimprovero a Tronchetti, peraltro dicendo cosa non vera, e cioè di non essere stato informato di quel che accadeva in Telecom? Come è noto, è poi risultato che Tronchetti lo aveva contattato ben due volte, una volta a Palazzo Chigi, l’altra a Villa d’Este. Per che cosa, per parlare di calcio?
Ma, insomma, Telecom è sì o no una azienda privata? Perché allora il presidente del Consiglio pretende di essere informato? Un imprenditore, come qualunque cittadino, è libero o no di disporre di ciò che è suo? Se nella vicenda dovesse esserci violazione di qualche regola scritta, è alla magistratura che, in uno Stato di diritto, spetta di verificare e giudicare.
Veniamo a una seconda questione, politica anche questa. Un importante collaboratore del presidente del Consiglio, il signor Angelo Rovati, ha fatto pervenire al titolare di Telecom un documento scritto, su carta intestata della Presidenza, contenente un piano per la ristrutturazione di Telecom. Il piano, pensato e redatto non si sa da chi (un ufficio studi, una merchant bank?), si presta a legittimi sospetti, oltre che a deduzioni di carattere persino giudiziario. In sostanza, ristatalizzazione, con un bel calcio alla politica di liberalizzazioni. Il presidente del Consiglio dice di non avere saputo nulla di questo progetto preparato e messo in campo dal suo collaboratore. È cosa ben grave che un quidam di Palazzo Chigi, munito di carta intestata, si permetta di dare ad intendere di poter disporre di capitali dello Stato per una operazione politico-economica.
Altro quesito: è possibile che il Rovati non ne abbia almeno accennato al «principale»? Crediamogli pure. E, però la vicenda non può essere messa a tacere. Il «principale», cioè il presidente del Consiglio, non può rifiutarsi di risponderne in Parlamento, che lo richiede legittimamente. Chi può negare che non sia giusto chiarire se nella vicenda si siano mossi interessi illegittimi? È Prodi che insiste tanto sul problema del «conflitto di interessi», dunque dia l’esempio. Non è questione surreale, questa, ma assai seria.
Un’ultima considerazione, questa di importanza politica maggiore, direi. La vicenda Telecom ha rivelato più di ogni altra che cosa c’è nelle viscere del centrosinistra al potere. Vediamo: il presidente del Consiglio si comporta come se ci fosse ancora l’Iri. In suo soccorso accorrono alcuni ministri: uno chiede l’applicazione della «golden share», cioè quel diritto di veto che si volle inserire nella legge sulle privatizzazioni; un altro ministro vuole bloccare a tutti i costi l’accordo Autostrade-Abertis e ora addirittura propugna la ripubblicizzazione del settore delle telecomunicazioni.

Cioè: minacce di interventi statalisti e di espropri, lesione evidente delle libertà dei cittadini.
Dove sono il garantismo e le liberalizzazioni di cui questa maggioranza si vanta? È permesso dubitare a un liberale?

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