I fratelli Vanzina: «Raccontiamo il Piper tempio dei giovani»

da Roma

Una sera di febbraio del 1965 il sedicenne Enrico Vanzina prese di nascosto l'auto di suo padre, il regista Steno, e partì per la grande avventura. «Quella sera apriva finalmente il Piper. Il primo locale per ragazzi, con musica per ragazzi, pieno solo di ragazzi. Che emozione!». Risultato: l'auto tamponò quella di un avvocato, «e io dovetti ripagargli a rate il danno. Sempre senza che papà lo sapesse, naturalmente». Da allora ad oggi Enrico non ha modificato il taglio da «capellone»; e grazie a una privilegiata esperienza personale, oltreché ai film del padre, assieme al fratello Carlo ha fatto un autentico culto dell'era yé-yé, rilanciando per primo (con Sapore di mare, del 1982) il revival degli anni ’60... Insomma: erano loro, i Vanzina, sceneggiatore e regista ideali per Piper, il film tv che - in onda giovedì 10 in prima serata su Canale 5 - come già il Raccontami della Rai, tenta un'accattivante operazione nostalgia siglata anni ’60. «L'apertura del Piper fu il simbolo di un cambiamento del costume italiano - riflettono i due - Per la prima volta i giovani venivano considerati come una vera categoria. Per la prima volta un locale era dedicato a loro, alla loro musica, alla loro realtà. Anche grazie al Piper, insomma, l'Italietta conformista degli anni 50 si stava trasformando».
Sul filo della storia del costume, cucendo assieme mito e ricordi personali, Piper tenta allora un piccolo affresco di quella rivoluzione in minigonna e capelli lunghi: «La storia cita volutamente film dell'epoca, da Accadde al commissariato a Vacanze romane, dal Sorpasso ai musicarelli con Gianni Morandi. E dietro ogni personaggio inventato il pubblico riconoscerà gli originali: il giornalista di Massimo Ghini ricorda Ivano Davoli, quello che ispirò a Fellini il protagonista della Dolce vita; la nobildonna di Carol Alt assomiglia a Marina Lante Della Rovere; l'aspirante starlette di Anna Falchi ricalca Cristina Gajoni, divetta di allora; il tassinaro di Maurizio Mattoli è modellato su quelli, proverbiali, di Aldo Fabrizi». E Martina Stella lo riconosce subito: la sua Milena, biondissima cantante veneziana, è una variazione dell'autentica «ragazza del Piper». «Inutile negarlo: è ispirata a Patty Pravo. Ma anche alle altre dive di quegli anni, la Pavone, la Bertè, delle quali ho studiato lo stile. Mi spiace si sia fatta confusione: ma se avessi dovuto interpretare la vita di Patty non mi sarei sentita all'altezza». E la bionda originale è davvero assente: in Piper non c'è neppure una canzone della «ragazza del Piper». «Ma perché Patty è arrivata nel 1966. E il nostro film racconta l'inizio della storia, nel 1965».
Del mitico locale di via Tagliamento in cui tennero leggendarie esibizioni anche Cher, George Moustaki, i Procol Harum, i Genesis, gli Who, i Pink Floyd, ognuno ha il proprio ricordo. «Vedete quei palchi lassù? - indica Massimo Ghini -. Io andavo lì a pomiciare con le ragazze. Il Piper era anche questo: le prime esperienze con l'altro sesso». «Io ci accompagnavo un'amica che non aveva il permesso dei genitori - ricorda Mattioli -. Così, prima d'entrare, s'infilava una minigonna nell'androne del palazzo di fronte». E quanto alle attuali minacce di chiusura, «vedremo - alza malinconicamente le spalle il gestore, avvocato Bornigia -. I nuovi proprietari dello stabile vogliono alzarci l'affitto. Speriamo di farcela».

Quanto all'effetto-revival, «questa non è un'operazione-nostalgia - avverte Pincelli di Mediaset -. Semmai, è il tentativo di mostrare ai ventenni d'oggi di quale ottimismo, e di quante speranze, sapessero vivere i ventenni di allora».

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