I giganti americani pronti a bersi Danone

La stampa di Parigi parla di un’offerta compresa tra i 25 e i 30 miliardi di euro

Alberto Toscano

da Parigi

Una sera del 1987 l’allora finanziere rampante Alain Minc si trovava a cena a Parigi col presidente del gruppo agroalimentare Bsn, Antoine Riboud. Minc era in quel momento il luogotenente francese dell’ingegner Carlo De Benedetti, ancora al timone di Buitoni e per questo animato da un certo appetito nei confronti del gigante francese dell’alimentazione. L’imprudente Alain Minc sondò il ruvido Riboud a proposito della sua reazione a un’eventuale offerta pubblica d’acquisto (Opa) di Buitoni su Bsn. I convitati erano ancora all’aperitivo, ma Riboud - scusatosi con i padroni di casa - fece chiamare il suo autista e corse in ufficio a studiare un sistema volto a difendere il capitale del gruppo dalle scalate ostili.
Da quel momento sono passati 18 anni. Antoine Riboud non è più di questo mondo, il gruppo ha cambiato nome - ribattezzandosi Danone - e alla sua testa c’è, come presidente e direttore generale, Franck Riboud, figlio di quel coriaceo capitano d’impresa. Però i problemi sono sempre gli stessi: il capitale di Danone è mal protetto in Borsa e dunque la società è vulnerabile da un’eventuale Opa ostile. Il problema non sarebbe poi tanto grave se in questi decenni Danone non avesse assunto un ruolo emblematico in Francia come bandiera dell’agroalimentare, che è a sua volta una sorta di bandiera nazionale visto il ruolo che la produzione rurale ha in questo Paese. Insomma, un’Opa straniera su Danone verrebbe considerata dai francesi poco meno che un’aggressione nucleare.
Adesso s’avvicina il momento della verità, visto che la scorsa settimana ci sono stati movimenti assai curiosi sul capitale di Danone, che fa gola praticamente a tutti i giganti mondiali del settore. Il livello degli 80 euro ad azione, che solo un mese fa sembrava irraggiungibile nel breve periodo, è stato nettamente superato: venerdì il titolo alla Borsa di Parigi ha chiuso a 81,25 euro. Per tutta la settimana ci sono stati forti scambi su Danone, mentre la stampa transalpina ha parlato di un ipotetico acquirente statunitense: Pepsico, che ha però smentito. Resta il fatto che, secondo la rivista economica parigina Challenges, gli americani di Pepsico sarebbero pronti a «bersi» Danone spendendo una cifra compresa tra i 25 e i 30 miliardi di euro.
Franck Riboud ha ammesso che Danone è vulnerabile dall’Opa di chi sia in grado di stanziare cifre di particolare rilievo, ma ha aggiunto che la «cultura» legata alla gestione dell’agroalimentare francese potrebbe difficilmente essere gestita da “timonieri” venuti da chissà dove. Se la sua tranquillità è basata solo su questo elemento, è difficile che possa dormire sonni beati nel prossimo futuro.


Danone va bene - l’aumento delle vendite nel 2004 è stato del 7,8 per cento, grazie soprattutto al boom internazionale dei latticini freschi - e più d’un concorrente (Kraft?) sta forse facendosi venire qualche «strana» idea. L’azionariato è molto spezzettato e la “bomba Danone” potrebbe esplodere in qualsiasi momento.

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