I Gorillaz ci mettono la faccia La band virtuale esalta Londra

nostro inviato a Londra

Dunque, senza tanti giri di parole il concerto dei Gorillaz l’altra sera è stato un autentico capolavoro. Va bene, il pubblico è impazzito e in platea alla Roundhouse mica c’erano solo ragazzini scervellati ma pure tanti vecchi arnesi del rock che a Londra si sono fatti le ossa con i concerti più belli della storia. E i Gorillaz ci hanno finalmente messo la faccia per davvero, piantandola lì di essere quella che è entrata nel Guinness dei Primati come «band virtuale più famosa del mondo». Sul palco c’erano proprio loro, Damon Albarn in testa e addirittura Mick Jones e Paul Simonon dei Clash che tornavano sullo stesso palco dopo trent’anni, e non i loro ologrammi come agli Mtv Europe Awards di Lisbona insieme con Madonna. Sudore vero. E talento puro. Volendo, lo show ha celebrato la nascita di una nuova fase: il superamento definitivo della rigida distinzione tra generi musicali perché questa band li mescola tutti, ma proprio tutti, dal rock al drum’n’bass fino al jazz e al soul e all’hip hop, cavandone fuori un’amalgama così fluida che non ha caratteristiche standard pur sfoggiando un’identità fortissima, una sorta di pop a geometria variabile che da Last living soul passando per Rhinestone eyes o Gliter freeze cambia sempre connotati senza cambiare identikit. Seguendo una tendenza individuata, per altri versi, anche da Umberto Eco, i Gorillaz hanno cancellato la linea di discrimine tra musica alta e musica bassa, passando indistintamente da arrangiamenti tribali a versioni techno, da complessi impasti soul a linee di basso quasi punk e ritornelli di un pop zuccheroso. Il tutto con un successo golosissimo, visto che a marzo il loro nuovo album Plastic beach è stato uno dei più venduti al mondo, consolidando un successo nato per scherzo e per scherzare sulla schiavitù del pop alle classificazioni di genere e sulla dipendenza iconografica delle band dal «frontman» e dal suo look. I Gorillaz negano tutto: sono stati creati a fine anni Novanta da Damon Albarn dei Blur e si sono visivamente presentati solo grazie a personaggi creati dal fumettista Jamie Hewlett, così bravo che ha ispirato anche lo staff di Celentano per gli spot tv di Rock politik. Missione chiara: destrutturare la musica, giocandoci su, ma facendo sul serio, essendo virtuali ma esistendo per davvero. Risultato chiarissimo: per dire, nel 2008 i Gorillaz sono stati la band più popolare del mondo su MySpace senza neanche avere un album nuovo in promozione.
Insomma, Roundhouse, zona Camden: un’arena circolare, con il soffitto di legno, poche migliaia di posti tutti esauriti (ieri sera la replica), la culla ideale per coccolare i suoni e stringere vicini gli artisti al pubblico. Due batterie sul palco, dominato da un megaschermo fondamentale per lo show. Una sezione archi composta di sole donne vestite alla marinaretta, esattamente come Mick Jones, agile ma non decisivo, e Paul Simonon, violentissimo e preciso, con quelle sue movenze dinoccolate che lo resero celebre già ai tempi dei Clash. Poi coristi, le tastiere e lui, Damon Albarn, che ha resistito per un po’ con il giubbotto di pelle nella fornace della Roundhouse prima di rimanere con una maglietta a strisce da gondoliere veneziano: cantava sul proscenio oppure se ne stava nelle retrovie a suonare le tastiere. Essendo i Gorillaz a geometria variabile, sul palco è stata una processione di ospiti, fisicamente e no. Intanto, dopo un’introduzione orchestrale, l’iniziale Welcome to the world of the plastic beach è stata sostanzialmente cantata in video da Snoop Dog, poi in Broken empire è arrivata Little Dragon (idem mezz’ora dopo in To binge). In White flag sul palco è salita addirittura l’Orchestra nazionale siriana con Bashy e Kano. Per Superfast jellyfish sono arrivati Gruff Rhys e i De La Soul (tornati poi per Feel good inc). Dare è stata trasformata in un evento da Shaun Ryder degli Happy Mondays e sua maestà Bobby Womack, 66 anni, è apparso in Cloud of unknowing.

Ma quando il gruppo ha suonato il singolo Stylo, enfatico e teso come un’esecuzione capitale, mentre sullo schermo andava il relativo videoclip con Bruce Willis, una sorta di Duel metastilistico perché mescola cartoon e realtà, si è capito davvero che i Gorillaz sono un passo avanti e, ridendo e scherzando, hanno portato il futuro molto più vicino di dov’era.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica