Pier Augusto Stagi
Confessioni e accuse dallAmerica di Lance Armstrong e Floyd Landis. Ma anche di Marion Jones, la centometrista considerata positiva in un primo momento e scagionata dalle controanalisi.
Confessioni di due ex gregari del fuoriclasse texano e accuse da parte dellavvocato del mennonita privato di un Tour dopo che nel suo sangue erano state rintracciate sostanze illecite. Nel ciclismo e nello sport di oggi regna solo una cosa: confusione. Allo stato puro.
La confessione è di quelle clamorose: Frankie Andreu e un suo vecchio compagno di squadra che ha preferito restare anonimo, hanno confessato ieri al New York Times di aver fatto uso di Epo durante la preparazione del Tour de France 1999. I due correvano nella Us Postal di Lance Armstrong e proprio durante gli esami sui campioni rilasciati dal texano in quel Tour del 99, lo scorso anno il laboratorio di Chatenay Malabry rinvenne tracce di Epo.
Andreu, che oggi ha 39 anni, ha spiegato: «Nel ciclismo cè chi bara e chi cerca di sopravvivere. Io ho cominciato ad assumere prodotti proibiti nel 1995, ai tempi della Motorola, ma lho fatto per cercare di restare al livello dei corridori europei. Ho fatto del mio meglio per non ricorrere al doping, ma confesso di aver compiuto scelte sbagliate».
Ma la cosa che più preoccupa ora è leffettiva validità dei controlli antidoping, visto che Andreu e il suo compagno di squadra non sono mai stati trovati positivi. Come Armstrong. Anzi, i due dicono di più e confessano di non aver mai visto Lance assumere sostanze dopanti, anche se a giugno di questanno, il quotidiano francese Le Monde rivelò che Andreu e sua moglie Betsy avrebbero testimoniato che nel 1996 il texano fece uso di eritropoietina, steroidi, ormoni della crescita e altre sostanze. E in questo stato confusionale dello sport entra a pie pari anche Floyd Landis, il vincitore dellultimo Tour de France, positivo al controllo dopo la diciassettesima tappa. «Le analisi sono piene di errori grossolani» sostiene Howard Jacobs, lavvocato del corridore mennonita, che ha chiesto allagenzia americana antidoping Usada di interrompere la procedura nei confronti del suo assistito.
Addirittura Jacobs sostiene che il numero del campione esaminato a Parigi nelle controanalisi non corrisponderebbe a quello del campione B di Landis.
La difesa del ciclista statunitense si basa su tre punti essenziali: «I protocolli della Wada richiedono che tutti i differenziali del metabolita del testosterone debbano fornire la prova dell'uso di tale sostanza per poter identificare come positivo un atleta. Nel rapporto del laboratorio francese tre dei quattro differenziali relativi al test di Landis sono riportati come negativi».
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