E adesso, dopo essere accorsi in forza in Val di Susa, i duri e puri dell'antagonismo, i no global dei centri sociali più arrabbiati, i sempre reduci dal G8, quelli dell'Askatasuna di Torino e le Brigate Anarchiche di Livorno, che faranno? Scenderanno in lotta anche al fianco dei vip di Cortina? Date le circostanze, sarebbe naturale. E pensate lo spettacolo: le bandiere di Che Guevara e lo stemma dei conti Marzotto, gli slogan dei tupamaros e quelli di Matteo Zoppas o Franca Coin, tutti insieme per difendere la valle. Bastoni&pellicce, cachemire&passamontagna, anfibi&scarpe di Prada, e avanti popolo: fermiamo la costruzione della tangenziale. Il corteo dei black bloc non potrà che concludersi a casa di Lele Mora, l'agente delle star. In effetti: anche lui, che pure a Cortina vuol creare un clone del Billionaire, è nemico della nuova strada. E a chi gli chiede se non teme il traffico risponde: «No, perché? Io quassù ci vengo in elicottero».
Le ragioni di Lele Mora, Billionaire e elicottero compresi, difese dagli anarcoinsurrezionalisti. Lo snobismo dei rampolli che s'intreccia con il sudore dei disobbedienti. La battaglia che nasce nelle ville dei vip e trova sponda nelle case okkupate di via dei Volsci a Roma o via dei Transiti a Milano. In fondo, che c'è da stupirsi? L'alleanza è nei fatti. Qualcuno l'ha già ribattezzato il popolo senza sì e senza ma. E in effetti: niente se, niente ma e soprattutto niente sì. Sono i signori assoluti del No.
No a tutto. Non nel mio cortile (Not in my backyard), sindrome Nimby, come recita una formula americana che sta avendo un certo successo anche da noi. Ma più in generale: no anche fuori dal cortile. No alla Tav in Val di Susa, no alla tangenziale di Cortina, no all'autostrada a Capalbio, no al metanodotto in Valnerina, no al ponte sullo Stretto di Messina, no all'Ogm, no al biotech: no a tutto quello che ci può far fare un passo in avanti, che toglie un po' di muffa a questo Paese in cui i vip coltivano i loro egoismi e i no global coltivano i loro pregiudizi. Ed entrambi ci si immergono dentro fino a farsi accecare.
Non è la prima volta che egoismi e pregiudizi, vip e no global, vanno a braccetto. In fondo era così anche nei formidabili anni Settanta, quando non c'era rampollo di buona borghesia che, parcheggiata la Porsche all'angolo, non s'infilasse nei cortei che inneggiavano a Lenin, Mao, il comunismo e la morte della medesima borghesia. La novità è che mentre allora il terreno d'incontro erano le bandiere rosse dell'ubriacatura rivoluzionaria, adesso sono le parole d'ordine verdi dell'indigestione pseudo-ambientalista.
Ma davvero l'ambiente si difende così? Davvero gli amici della natura sono i black bloc che in Val di Susa trovano una buona occasione per giocare alla guerriglia, e i vip di Cortina, la cui unica preoccupazione è evitare di guastarsi il tè delle cinque, quando chiacchierano e guardano il paesaggio dalla finestra delle loro megaville? Non sarà un caso se chi abita nelle valli (da alcuni sindaci del Piemonte a, tanto per fare un nome, Rolly Marchi a Cortina) in realtà è molto meno estremista? Non sarà un caso se chi conosce e ama davvero la natura non dice solo no, ma anzi, osa pronunciare qualche ma e persino qualche sì?
Che la finta difesa dell'ambiente fosse tutta ideologica, l'avevamo sospettato. Quello che colpisce, passando dalla Tav della Val Susa alla tangenziale di Cortina (per non dire dell'autostrada di Capalbio), è vedere come quest'ideologia accomuna gli assidui frequentatori dei centri sociali e gli assidui frequentatori dei centri estetici: dal Leonka a Messegué, dal nero anarchico dei black bloc al nero abbronzante dei Visconti e Puri Purini, è come se si fosse idealmente saldata l'Italia del no, l'Italia che non sa e non vuole cambiare, forse che ha paura di cambiare per perdere i propri privilegi o i propri pregiudizi.
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