I lefebvriani al Papa: non vogliamo fermarci al 1962

GRATITUDINE Positive le reazioni alla lettera del Pontefice ai vescovi sul caso Williamson

RomaBenedetto XVI, spiega il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, «non vuole bloccare il dialogo all’interno della Chiesa», ma vuole che «avvenga in maniera rispettosa». Per questo ha scritto la lettera di sette pagine, datata 10 marzo e inviata ieri a tutti i vescovi cattolici, spiegando le motivazioni profonde che lo hanno spinto alla revoca della scomunica ai quattro prelati lefebvriani: un gesto di riconciliazione e di misericordia, la priorità data alla ricerca dell’unità della Chiesa, la volontà di superare spaccature, irrigidimenti e scismi. A questa lettera ieri la Conferenza Episcopale italiana ha risposto esprimendo «profonda gratitudine» nel definirla «chiarificatrice in ordine alle polemiche sorte in seguito alla revoca della scomunica a quattro vescovi consacrati nel 1988 senza mandato della Santa Sede».
Il testo, del quale il Giornale ha pubblicato ieri ampi stralci, «è un documento davvero inconsueto», espressione di «una evidente partecipazione e sofferenza», aggiunge Lombardi. Il quale ha ricordato che il Papa «non è offeso», ma ha risposto alle critiche - spesso durissime - «manifestando obiettività». La missiva, come è ormai noto, non ha evitato di segnalare la necessità di un’attenzione maggiore alla comunicazione. Nell’editoriale de L’Osservatore Romano oggi in edicola, il direttore Gian Maria Vian, notando che «l’informazione, onnipresente e sovrabbondante, è di continuo esposta a manipolazioni e a strumentalizzazioni», accredita l’esistenza di una regia nella diffusione concomitante «certo non casuale» dell’intervista negazionista di Williamson. E si scaglia contro «le cosiddette fughe di notizie, che si fatica a non definire miserande», riprendendo su questo la Curia romana, «che nella Chiesa ha un dovere di esemplarità».
Problema di comunicazione, dunque. Ma dalla lettera e ancora più da tutta la vicenda emerge come sarebbe assolutamente riduttivo concludere che si è trattato solo di problemi comunicativi. Non si può non ammettere come vi siano stati e vi siano innanzitutto problemi di regia, nel funzionamento della Segreteria di Stato e delle Congregazioni. La Sala Stampa è soltanto il terminale ultimo che rilancia decisioni prese nei sacri palazzi.
Intanto ieri è giunta la risposta del vescovo Bernard Fellay, capo della Fraternità San Pio X, il quale ringrazia il Papa, assicura che i lefebvriani non vogliono fermare la tradizione al 1962, ma intendono «considerare il Concilio Vaticano II e l’insegnamento post-conciliare alla luce di questa tradizione».
Volge invece finalmente al bello il barometro dei rapporti con il mondo ebraico. Ieri Benedetto XVI ha ricevuto in udienza i rappresentanti del Gran Rabbinato di Israele.

E durante la registrazione di «Porta a Porta», il presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici ha annunciato che il Papa visiterà la Sinagoga della capitale: «Aspettiamo conferma scritta. Quella verbale è arrivata, la visita sarà in autunno».

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