I massacri delle foibe e Pio XII: il Vaticano intervenne subito

Dai documenti emerge che Papa Pacelli si mosse meno di ventiquattr’ore dopo aver saputo degli eccidi

«Foibe: il Vaticano sapeva tutto». Con questo titolo il settimanale Panorama la scorsa settimana ha lanciato un ampio servizio corredato da «documenti segreti conservati negli archivi vaticani», consultati e pubblicati «in anteprima». Uno scoop ripreso da un accurato articolo del Corriere della Sera, che ha poi offerto due giorni dopo alla «fonte» delle informazioni, il gesuita padre Giovanni Sale, la possibilità di un ampio intervento sulle colonne del quotidiano. Da questi testi – il diario senza data di un internato, segnalazioni, testimonianze e memorandum – si evincerebbe, a detta dell’articolista, che la Santa Sede era stata debitamente e accuratamente informata sulle stragi compiute dai titini gettando migliaia di italiani nelle voragini carsiche ma il Papa, quel Pio XII già accusato di aver taciuto sulla Shoah, non era intervenuto, aggiungendo dunque silenzio a silenzio.
Davvero i documenti riprodotti da Panorama sono inediti? Non si direbbe, almeno sfogliando il quaderno n. 3690 della Civiltà Cattolica, datato 20 marzo 2004, che contiene un intervento di padre Sale intitolato «L’occupazione di Trieste e il cosiddetto “genocidio degli italiani”». Nell’articolo (pagine 532-543) sono riprodotti proprio quegli «inediti» e precisamente: il documento del maggio 1945, il documento senza data di un medico internato a Cusaz, la testimonianza di don Pierluigi Santarelli del 20 luglio 1945, il messaggio giunto alla Segreteria di Stato vaticana il 20 luglio 1945, attraverso la Pontificia Commissione di Assistenza, il Diario di un privato intitolato «Cronaca delle Carceri di Capodistria». Si tratta di documenti dell’Archivio Segreto vaticano del periodo non ancora consultabile, ma che esistono in copia presso l’archivio della Civiltà Cattolica, che li ha pubblicati per l’appunto due anni fa.
L’unico vero inedito tra i testi pubblicati la scorsa settimana, spiega Matteo Luigi Napolitano, professore di storia delle relazioni internazionali all’università del Molise e delegato del Pontificio comitato di scienze storiche, «è la nota della Segreteria di Stato, datata 21 luglio 1945, inviata agli ambasciatori inglese e americano il giorno dopo aver ricevuto le notizie». La Santa Sede chiese subito agli alleati di fare «quanto è in loro potere per salvare la vita di tanti infelici». «Il Vaticano – osserva ancora Napolitano – si mosse immediatamente. Peccato che nell’articolo di Panorama questo testo sia definito “un appunto stringato”, perché in realtà è un memorandum ufficiale inviato da Pio XII agli alleati nemmeno 24 ore dopo aver ricevuto le informazioni sulle foibe!». Napolitano cita poi altri documenti, come i dispacci del Segretario di Stato ad interim Grew al consigliere politico Usa per la Germania Murphy, dai quali si evince che già prima del luglio 1945 il Vaticano era intervenuto per casi riguardanti croati e sloveni che «non desiderano rientrare nei loro paesi ora entro la sfera d’influenza sovietica», dunque era logico immaginare che lo facesse subito anche per gli italiani, non appena ricevute le tragiche notizie sui massacri.

«Visti i documenti – conclude Napolitano – non mi sembra corretto affermare che il Vaticano tacque e non fece niente per coloro che rischiavano di finire nelle foibe. Senza contare che al momento in cui i documenti arrivarono alla Santa Sede era ormai troppo tardi per salvare vite umane».

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