I medici contro la finanziaria: «Tagliati i farmaci ospedalieri»

Scontro sulle medicine usate per patologie diverse dall’indicazione del foglio illustrativo

È una battaglia silenziosa quella che da due mesi alcuni medici milanesi stanno combattendo contro un articolo della finanziaria 2007. All’origine dello scontro, la norma (art. 1, comma 796, punto z) che vieta la prescrizione dei farmaci off-label: quei medicinali utilizzati per patologie diverse o con dosi differenti rispetto alla loro registrazione, cioè quei farmaci prescritti per curare disturbi diversi da quelli indicati nel foglietto illustrativo, che si trova all’interno della confezione del farmaco stesso.
«Una disposizione inattesa», dice il Direttore sanitario dell’Istituto nazionale dei tumori Alessandro Rampa, «che ha creato molto sconcerto».
Basta qualche dato per capire la ragione di questa reazione: «In Italia come nel resto del mondo, gran parte dei farmaci sono off-label - spiega il Dottor Maurizio Bonati dell’Istituto di ricerca farmacologica Mario Negri - circa il 60 per cento dei medicinali di utilizzo ospedaliero e il 30 per cento di quelli prescritti a pazienti non ricoverati».
Tre le branche della medicina maggiormente colpite dall’articolo della Finanziaria: l’oncologia, la pediatria e l’infettivologia. Così da quasi due mesi, i medici sono costretti ad utilizzare escamotage per garantire il diritto alla salute. «Per ora i nostri pazienti non si sono accorti di nulla, - spiega Rampa - perché continuiamo a somministrare questi farmaci, con l’accortezza di documentare dettagliatamente caso per caso. In questo modo, qualora arrivassero gli ispettori del Ministero, noi saremo in grado di dimostrare, anche nell’interesse complessivo, la validità documentata di queste procedure per i malati».
La norma va cambiata, su questo punto medici e ricercatori sembrano tutti d’accordo. E allora quale sarà stato il senso di un tale divieto? «È un provvedimento esclusivamente politico ed economico, - denuncia Bonati - prova il fatto che è finito in Finanziaria. È stato un tentativo maldestro di far quadrare i conti trovando una voce di risparmio, visto che alcuni di questi farmaci costano parecchio ed ora non verranno più rimborsati dal sistema sanitario». Non tutti sono cari, secondo un calcolo dei farmacisti ospedalieri, infatti, ogni anno non vengono spesi più di 150 milioni di euro per l’utilizzo degli off-label, circa un sesto dei quali in Lombardia. All’origine della norma quindi, non solo il desiderio di tagliare una spesa: «Qualcosa era giusto fare - sostiene Rampa - per evitare una deregulation eccessiva potenzialmente pericolosa non solo dal punto di vista economico, ma per la salute dei pazienti. Alla buona intenzione però, è seguito un approccio rustico che non tiene conto di quanto viene fatto nel resto del mondo dove gli off-label vengono usati ormai da 25 anni». Un esempio? «Il Rituximab (farmaco utilizzato in ematologia) è registrato per la cura dei soli linfomi follicolari, ma grazie ad una solida letteratura scientifica ora viene prescritto ovunque contro tutti i linfomi cd20 positivi».
Un pasticcio, quello nato dall’applicazione del divieto, che entro i primi di marzo potrebbe trovare una soluzione grazie alla protesta partita da Milano. A due mesi di distanza dai reclami dell’Istituto Mario Negri e dell’Istituto Nazionale Tumori sembra, infatti, che qualcosa si stia muovendo.

«Ora sia il Ministero che la Regione si stanno dando da fare. Entrambi stanno lavorando con sinergia e in contatto con le società scientifiche dei settori interessati, su due binari paralleli, per redigere elenchi di farmaci».

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