I milanesi fanno la coda per l’orto in affitto

I milanesi fanno la coda per l’orto in affitto

Quando ha cominciato, dieci anni fa, chissà quanti l’avranno preso per un visionario. Fare degli orti nell’immediata periferia di Milano? Quantomeno un azzardo... Lui, Claudio Cristofani, architetto urbanista, s’era messo in testa che di case ce ne sarebbero state fin troppe e quello che invece sarebbe venuto a mancare era semplicemente il prato. Un «ragazzo della via Gluck» al contrario perché «là dove c’era l’erba» ora non ci sono «case su case», ma orti su orti. Ben 180 pezzetti di 75 metri quadri di terra l’uno, ben divisi e ben curati che lui affitta a poco più di un euro al giorno. Sono tutti affittati e in lista di attesa ci sono 80 persone che aspirano ad averne uno. Succede in via Cesare Chiodi, immediata periferia di Milano. Si arriva fin lì con l’autobus, per intendersi. Claudio Cristofani insieme al cugino avevano questo bel pezzettone di terra, quasi tre ettari «che non erano né carne né pesce», spiega oggi. Non era edificabile e non era neanche agricolo perché troppo vicino alla città. Che farci? Lampadina. Sulla scia dei Jardin Familien francesi sono nati gli orti urbani di via Chiodi. Un esperimento pilota in città che porta il suo ideatore, oggi, a dare lezioni sul tema all’università e a fare da apripista per esperienze simili del prossimo futuro. Proprio giovedì il Comune firmerà un protocollo di intesa per lo sviluppo del sistema rurale milanese. I suoi orti infatti non assomigliano ai 400 pezzi di terreno comunali che da anni vengono affidati per lo più soltanto agli anziani. Qui c’è il ricercatore universitario che coltiva persino le arachidi, ci sono le famiglie che fanno correre i bambini e li fanno giocare con la terra. C’è il gruppone di amici che si ritrova all’orto per fare un barbecue o guardare la Champions League. «Sono soprattutto le famiglie che utilizzano questo scampolo di verde come accessorio alla loro abitazione. Anche se la loro casa si trova a chilometri di distanza. Possono coltivarlo, farci crescere pomodori, insalata e zucchine. Ma possono anche sistemare il gazebo, piazzare il grill e fare delle belle grigliate domenicale con la verdura appena colta. «Non ci sono le regole asfissianti che vincolano gli orti del Parco Nord o da altre parti. Nel bene e nel male. Magari c’è chi passa qui la giornata con troppi amici e chi fa il furbetto e non porta via l’immondizia. Però alla fine è un piccolo regno che ognuno mostra come farebbe con la macchina nuova», spiega Cristofani che, nel frattempo, non si è convertito. Da urbanista non è diventato paesaggista. Fatti due conti i centomila euro investiti per ogni ettaro di terreno rendono 20mila euro all’anno. «Una cifra ben diversa dagli 800-900 euro a ettaro che ne avrei ricavato o che ne ricava un contadino coltivando il terreno a mais». Ha cominciato chiedendo un euro al giorno, tondi tondi. Ora l’affitto è di 375 euro all’anno (Iva compresa) per il pezzetto standard. Poi c’è il «taglio» un po’ più grande che costa 580 euro col gabbiotto per gli attrezzi e per cambiarsi. «Ci vorrebbe una normativa da parte del Comune che incoraggi a investire in questa direzione. Come fare, quali regole seguire. In via Chiodi non abbiamo potuto fare l’allacciamento alla fognatura né all’acquedotto per avere l’acqua potabile. Abbiamo realizzato una botte interrata per i liquami che periodicamente deve essere svuotata. In tutto il mondo vengono coordinati interventi di agricoltura urbana - spiega ancora il proprietario - Pare che ora sia in arrivo un bando da parte del Comune per destinare una parte delle aree comunali a orti urbani in vista di Expo». Cristofani è stato contatto anche dal Comune per spiegare il suo esperimento vincente. Le idee non gli mancano.

«Tra Rubattino e Lambrate c’è un’area facilmente raggiungibile con la pista ciclabile che sarebbe adatta... Perché la gente è pronta a andare in bici se ci fossero le piste ciclabili. Sarebbe pronta a fare orti sempreché non siano orti di guerra».

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