Come il lassativo: basta la parola, Corea. Sia del Nord sia del Sud, bruciori in ogni parte del corpo, batoste, le abbiamo buscate sempre, nel football, roba da andare a nascondersi nel canneto. Prima quella del Nord, nel Sessantasei, mondiale inglese, città di Middlesbrough, un odontotecnico di araldica memorabile Pak Doo-Ik ci rispedì a casa, li avevamo definiti «undici ridolini», così segnalò Ferruccio Valcareggi osservatore del cittì Edmondo Fabbri, in verità risero a crepapelle in ogni parte del mondo. Poi al mondiale coreanonipponico del duemila e due, stavolta quelli del Sud, golden gol di Ahn, tre lettere quasi un rantolo, la fine, con la partecipazione di un ecuadoregno, tale Byron, non lord, Moreno, arbitro cicciotello (posso scriverlo o sono a rischio di licenziamento?) in seguito beccato al metal detector aeroportuale e radiato per esportazione di denaro e affini. Bene, anzi male, malissimo, se scrivi e dici Corea, almeno nel gioco del calcio, sono memorie sofferte. Il resto, invece, è roba bella e buona perché chi di noi non ha mai avuto una radiolina a transistor? E non veniva forse da Seul e borghi limitrofi? Ricordo, appunto, la trasferta mondiale del duemila e due, viaggiatore tra una nazione e l'altra, facce simili ma non uguali, prezzi distanti un oceano, a Tokyo roba da mutuo continuo, a Seul molto umani, in tutto. Dunque in Corea invasione pacifica nei centri commerciali, vista e presa una radio identica a una carta di credito, senza rischio di default e di finire in rosso, ma dotata di onde medie e modulazione di frequenza e poi i primi cellulari con fotocamera, illustrati con esibizione pubblica nelle tribune degli stadi di football, gentili e graziose majorettes che fotografavano e, contemporaneamente, telefonavano, roba da Star Trek davanti a noi venuti dal lontano Occidente ancora con la cabina telefonica e i gettoni. Era Seul, era l'altro mondo, in quel momento nessuno poteva sapere chi fosse quell'Ahn che ci avrebbe rispediti a casa, con telefono appresso. Molti ricordavano però l'odontotecnico del Sessantasei ma la memoria non era così angosciante, infatti Pak Doo-Ik apparteneva al gruppo rosso, comunista, quelli là insomma, mentre noi stavamo tra i capitalisti di qua.
Sembra una storia assurda ma era la Corea ed è stata poi la Corea delle automobili belle e capienti e dei televisori ultrapiatti, delle tecnologie più avanzate, della rete Wi-Fi più veloce che a Manhattan. Nessuno poteva prevederlo a Middlesbrough.I nostri azzurri finiti nel pallone
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