"I nostri istituti di credito sono i più cari d’Europa"

Studio della Cgia di Mestre: commissioni fino a 10 volte più alte Venti giorni per finanziare le aziende, in Germania ne bastano. L’Abi replica: "Impossibile fare un vero confronto, il nostro modello è il migliore"

Sono due, secondo l’ufficio studi della Confartigianato di Mestre, i volti delle banche italiane: quello positivo, che vede i nostri istituti di credito essere meno intaccati degli altri dalla crisi finanziaria; e quello negativo, su cui si sofferma il dossier della Cgia, secondo cui gli sportelli italiani sono i più cari e meno efficienti d’Europa. L’Osservatorio Confartigianato sull’imprenditoria giovanile, presentato ieri all’assemblea dei giovani imprenditori dell’associazione, punta invece il dito sul «credito sempre più difficile per il 31% delle piccole aziende», evidenziando anche il peggioramento dei rapporti con le banche e tutti i problemi che derivano a causa dell’incremento delle garanzie, dello spread e dei costi eccessivi. L’Osservatorio evidenzia che nei prossimi 6 mesi il 7,6% degli imprenditori pensa di richiedere nuovi finanziamenti a istituti di credito, contro il «no» di quasi due terzi. Oggi oltre il 50% dei giovani alla guida di piccole imprese ha linee di credito attive e nel 48,6% dei casi si tratta di mutui. Nel suo atto d’accusa, la Cgia di Mestre sottolinea che «in Italia le percentuali minime di spese di commissione e accessorie a carico delle pmi sul prestito richiesto sono le più elevate dei 5 Paesi presi in esame». Infatti, se in Italia il costo mediamente è pari al 4,8% del finanziamento richiesto, nel Regno Unito è dell’1,5%, in Francia e Spagna dell’1% e in Germania, solo, dello 0,5%. Se, invece, si prende come parametro di riferimento i giorni necessari per la valutazione della pratica e l’attivazione del prestito alle pmi, l’Italia è sempre fanalino di coda: nel nostro Paese sono necessari mediamente 19 giorni, mentre nel Regno Unito ne servono 5, in Francia e Spagna 4, e in Germania invece solo due.
«È vero - commenta il direttore dell’ufficio studi della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi - che il dato è riferito a 2 anni fa. Ma è pur vero che in questi ultimi anni le cose non sono cambiate in meglio. Anzi. Le operazioni di fusione avvenute in Italia tra le grandi banche hanno peggiorato la situazione». E un’ulteriore conferma emerge, si legge nella nota, quando si prende in esame l’andamento dei tassi d’interesse attivati dalle banche dei principali Paesi dell’area euro alle imprese per prestiti a breve e a medio lungo termine. Secondo la Cgia «se ad agosto 2008, in riferimento ai prestiti inferiori a un anno, lo spread rispetto alla media europea era di 0,43 punti (in Italia si praticava un tasso medio del 6,71% contro una media europea del 6,28) a dicembre è aumentato sino a toccare lo 0,62».
«Da uno studio commissionato alcuni anni fa alla società Mercer Oliver Wyman - ribatte Gianfranco Torriero, direttore centrale e capo economista dell’Abi, l’associazione che riunisce le banche italiane presieduta da Corrado Faissola - era emerso che i costi dei servizi bancari erano più bassi in assoluto in Olanda, Belgio e Regno Unito. Era stata anche identificata una netta differenza tra i costi applicati in Spagna e Italia rispetto a quei Paesi. Del resto, non è possibile fare un paragone a livello di prezzi ed efficienza in quanto il modello di affari è diverso.

A tre anni da quell’analisi si evince come il modello italiano sia risultato quello più buono. Quando si offrono condizioni di mercato non coerenti, ne scaturiscono i gravi problemi che stanno ora vivendo le banche in Usa e Regno Unito».

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