Medicina

I numeri che salvano il cuore

Solo il 2 per cento dei pazienti, contro il 45 per cento di quelli inglesi, non conosce il significato dei valori vitali

Una persona su tre, quasi mezzo miliardo di persone in tutto il mondo, non sa quali dovrebbero essere i valori normali della pressione arteriosa da raggiungere, per non mettere a rischio la salute del cuore.
A livello mondiale sono circa un miliardo le persone colpite dall'ipertensione, conosciuta anche come il big killer silente, ne soffrono oltre 12 milioni di italiani. Sull'importanza di controllare i propri livelli pressori senza dimenticare i valori del colesterolo e del diabete, per gestire al meglio le proprie condizioni di salute, si è occupata di recente una ricerca internazionale sul cuore «Conosci i tuoi numeri», promossa dalla Lega Mondiale contro l'Ipertensione in partnership con Novartis (coinvolte 7500 persone dai 40 anni in su e 15 Paesi tra cui l'Italia). La maggioranza degli Italiani intervistati dichiara di essere ben preparata sui livelli normali di pressione arteriosa, glicemia e colesterolo: il 90 per cento ritiene di conoscerne almeno uno su tre (rispetto al 70 per cento di Francia e Spagna e al 60 per cento del Regno Unito). Il valore più noto, dalla quasi totalità degli italiani, è quello della pressione arteriosa, come nel resto del mondo. Sugli altri due parametri il livello di conoscenza è un po' più basso: 7 su 10 dichiarano di sapere il livello corretto del colesterolo e 3 su 5 quello della glicemia.
Gli italiani si dimostrano, inoltre, ben informati anche sui propri numeri del cuore: il 98 per cento conosce almeno uno tra i propri valori di pressione arteriosa, glicemia o colesterolo. Solo il 2 per cento non ne conosce nemmeno uno (contro il 10 per cento dei cittadini UK). Nella pratica quasi la metà, il 45 per cento, dichiara di avere uno dei tre valori fuori norma: tra questi nel 20 per cento dei casi si tratta del colesterolo mentre in un altro 20 per cento è coinvolta l'ipertensione. Spiega il professor Francesco Fedele, presidente della Società italiana di cardiologia: «Se vogliamo aiutare i pazienti ad essere preparati non solo nella teoria, ma anche nella gestione pratica dei rischi cardiovascolari, un ruolo importante può essere svolto dal medico di medicina generale, che ha un costante rapporto con il paziente.

Il medico sul territorio deve collaborare con lo specialista che ha il compito di approfondire il profilo di rischio con ulteriori esami specialistici che evidenziano tutte le anomalie che vanno curate adeguatamente».

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