I pentiti accusano i capi «Ci hanno abbandonato»

È la depressione post Osama. Chiusi da dieci anni nella prigione di Guantanamo, i 171 prigionieri si sentono persi. Il loro leader è morto, catturato e ucciso dal nemico; scovato in una casa fortezza in Pakistan, mica sulle montagne impervie dell’Afghanistan. Poi, è arrivata la Primavera Araba. Quanti dittatori del mondo musulmano hanno iniziato a cadere come foglie. I terroristi, con la loro tuta arancione, hanno guardato il mondo cambiare da dietro le sbarre. È allora che si sono sentiti isolati, dimenticati. Oggi si lamentano, si pentono. «Ho passato dieci anni qui dentro. Credevo di combattere per un ideale. Ho dato la mia vita. E Osama dove stava? A casa sua». Il Campo 6 non è il Campo 5 dove i prigionieri sono una ventina e c’è massima sicurezza. Al 6 vive la maggioranza. Qui si gode di una certa flessibilità, vedono la tv, leggono, hanno luoghi comuni di ritrovo. Tanti sono dello Yemen, possono telefonare a casa, farsi raccontare le novità.

I rimorsi per una vita perduta si mischiano alle nostalgie. Sanno che non è stata la jihad a far cadere i tiranni, lo hanno capito anche loro. «La gente scesa in piazza - ammettono- ha fatto molto più di noi, della nostra lotta armata e oltretutto sono liberi».

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