Ruggero Guarini
La sinistra dovrebbe decidersi a fare qualcosa per i suoi filosofi. Specialmente per quelli più profondi. Giacché si sentono sempre male. Si sentono male anche quando lei si sente bene, o crede o finge di sentirsi bene. Anzi più lei si sente bene più loro si sentono male.
Anche nei giorni scorsi, per esempio, mentre lei gongolava per il successo delle regionali, i suoi pensatori più abissali non facevano che gemere e lagnarsi.
Quali le oscure ragioni di tanto pessimismo? Non oscure ragioni di spazio ci impediscono purtroppo di lasciar parlare sullargomento tutti gli interessati. A farsi unidea della serietà del problema sarà tuttavia sufficiente segnalare i tre casi più urgenti.
Urge fare qualcosa, in primo luogo, per il professor Pietro Barcellona. Questo grande pensatore comunista (Barcellona è nato comunista) soffre molto.
Soffre perché non ha ancora visto la Gloria e la Gioia. Non ha ancora visto nemmeno lEterno. Ha visto soltanto la Tecnica e proprio questo lo fa soffrire. Tutta colpa, naturalmente, dellepoca in cui anche a lui, come a tutti, tocca oggi vivere.
Ossia (lasciamo parlare lui) «degli intervalli in cui lEterno della gioia, lEterno della gloria, non si è ancora presentato».
Premessa che trova la sua conclusione in questa straziante confessione: «Nel bel mezzo di uno di questi intervalli mi ci ritrovo anche io che, non avendo ancora visto la gioia o la gloria ma avendo visto la tecnica, sto male». Parole dalle quali non sembra irragionevole dedurre che presto questo insigne pensatore siciliano non mancherà di aggiungere alla pila già imponente delle sue pubblicazioni un trattato intitolato «Maledetta Tecnica!».
Urge fare qualcosa, in secondo luogo, per il professor Severino. Che dalle dolenti parole del professor Barcellona ha immediatamente dedotto la necessità di ricordarci che anche lui, Severino, non sta tanto bene.
Còmpito che egli ha assolto egregiamente affrettandosi a proclamare, in uno splendido articolo apparso sul Corriere della Sera, che il professor Barcellona non soltanto è «una delle menti più profonde e vivaci della nostra cultura filosofica, giuridica e politica», ma ha altresì dichiarato da un pezzo di «aderire al mio pensiero», cioè al pensiero dello stesso Severino. Ragion per cui non sembra affatto irragionevole supporre che il vero motivo per cui il professor Severino ritiene che il professor Barcellona sia una mente profonda e vivace, sia la sua proclamata adesione al pensiero severiniano.
Urge infine fare qualcosa per il professor Gianni Vattimo. Il quale in questi giorni ha creduto opportuno confessare apertamente, con apposite lettere ai giornali, di aver perduto la testa per un giovanotto di ventanni che fa il cubista nelle discoteche, ma che lo fa tanto soffrire perché purtroppo lui, o meglio il suo corpo, coi suoi sessantanni sul groppone, non riesce a renderlo felice.
E in questo modo ha involontariamente dimostrato di non aver perduto proprio niente.
Che si può fare, dunque, per questi tre sofferenti? La parola ai devoti di Nostra Sinistra dei Dolori.
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