I pm non trovano immagini nel pc di Ruby

Il computer della marocchina passato al setaccio inutilmente. Gli avvocati del premier: non è ancora deciso se si presenterà per l'interrogatorio nel weekend

I pm non trovano immagini nel pc di Ruby

Milano - Se la prova regina è stata trovata, non è nel computer di Ruby. Le analisi sul pc sequestrato a Karima El Mahroug, la giovane di origine marocchina fermata dalla polizia nel maggio scorso e che secondo la Procura di Milano sarebbe stata rilasciata in seguito alle pressioni del presidente del Consiglio, smentiscono i pruriti della prima ora. Nessuna foto o filmato compromettenti, niente immagini che possano imbarazzare il premier o testimoniare inequivocabilmente che Silvio Berlusconi abbia avuto rapporti sessuali con l’allora minorenne. Altrove, dunque, sarebbero gli elementi che hanno indotto i pm a chiedere il giudizio immediato per il premier. Altre foto, forse, recuperate nei cellulari di altre ragazze. Ancora, testimonianze delle giovani che avrebbero animato le notti di Arcore, tabulati e intercettazioni che riempiono le trecento pagine di invito a comparire notificato venerdì dai magistrati del capoluogo lombardo al capo del governo. Materiale raccolto dagli inquirenti dopo aver messo a verbale la versione di Ruby, sentita tra luglio e agosto. Diversi mesi prima, quindi, che il nome di Berlusconi (il 21 dicembre scorso) finisse nel registro degli indagati.
Quel materiale, secondo i pm, dimostrerebbe due cose: primo, che il presidente del Consiglio era consapevole di avere davanti a sé una ragazza non ancora maggiorenne, e che con lei avrebbe avuto sette incontri (e non tre, come dichiarato ai magistrati dalla ragazza). Secondo, che esisteva uno «schema D’Addario» (dal nome della escort pugliese ospitata due volte a Palazzo Grazioli). Ovvero, una «scuderia» di starlette a disposizione del Cavaliere. Solo «ricostruzioni ardite fatte dai pm per finire sui mass media», è il commento dell’avvocato Pietro Longo, che assieme al collega Niccolò Ghedini difende il premier. Notizie diffuse per «mettere sulla graticola il presidente del Consiglio per i prossimi mesi». Per i legali di Berlusconi, la prova che giustifica la richiesta di giudizio immediato è «inconsistente», ma «non a caso l’invito a comparire è stato notificato il giorno dopo la decisione della Consulta sul legittimo impedimento».
Ad ogni modo, è tutt’altro che scontato che il premier si presenti davanti ai pm il prossimo fine settimana. La Procura ha consentito all’indagato di scegliere un giorno tra venerdì, sabato o domenica. Ma, fa sapere ancora Longo, «non è ancora stato deciso se il presidente del Consiglio andrà a rispondere ai pm e, quindi, al momento rimane anche aperto il discorso del legittimo impedimento, del quale discuteremo nell’eventualità di un interrogatorio». Gli avvocati, in questo momento, giocano a carte coperte. In caso di legittimo impedimento, la Procura dovrà fissare un’altra data utile, verosimilmente entro pochi giorni da quella già stabilita. Se invece il premier deciderà di non presentarsi davanti ai magistrati, questi ultimi potranno chiedere al gip di dare il proprio parere sulla richiesta di giudizio immediato.
La difesa, però, intende battere anche altre strade. Inclusa quella della competenza territoriale. Se, cioè, il presunto reato di concussione è stato commesso da Berlusconi nella veste di presidente del Consiglio, la competenza passerebbe al tribunale dei ministri. E, a cascata, l’accusa di prostituzione minorile (a Milano perché connessa a quella più grave, appunto la concussione) dovrebbe passare alla procura di Monza, competente su Arcore. Una battaglia giocata su un crinale sottilissimo. Per i pm milanesi, infatti, la concussione sarebbe stata consumata con abuso «della qualità» di presidente del Consiglio, ma non nell’esercizio delle funzioni di premier.


Gli atti dell’inchiesta milanese, intanto, sono arrivati alla Camera (ma non ancora alla Giunta per le autorizzazioni a procedere), dopo che Giuseppe Spinelli - amministratore del portafoglio personale del Cavaliere - aveva bloccato la perquisizione del suo ufficio perché «pertinenza» della segreteria politica dell’onorevole Berlusconi. Sarà la Giunta, ora, a dover dare il via libera alla richiesta della Procura. I tempi di Roma non si annunciano brevissimi. A Milano, invece, si preparano a un processo lampo.

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